Home page Galleria

.....L'autore | La figura | L'opera


Sono qui per stupirmi…

Con lo stupore si inizia ed anche con lo stupore si termina, e tuttavia non è un cammino vano. Si ammira un muschio, un cristallo, un fiore oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro da gigante… ogni volta che riesco a vivere in sintonia con un frammento di natura grazie all’occhio o ad un altro senso, ogni volta che sono da esso attirato ed incantato, aprendomi per un attimo, allora dimentico – in quello stesso istante – tutto l’avido cieco mondo delle umane ristrettezze, ed invece di pensare ad impartire ordini, invece di conquistare o di sfruttare, di combattere o di organizzare, in quell’istante non faccio altro che “stupirmi” e con questo stupore non solo divento fratello di tutti i poeti, i saggi, ma anche fratello di tutto ciò che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti perché lungo il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura dice all’altra “questo sei tu”.

Antonio Presti


Monumento per un poeta morto, 1989
(part. prima del restauro)

 

 

Monumento per un poeta morto, 1989
(part. prima del restauro)

IL VASCELLO FANTASMA

Un tempo
come un gagliardo veliero
la prora fendendo
marosi schiumanti di rabbia marina
solcai tutti i mari
Poi,
nel fare ritorno verso le mie coste
a poca distanza dalla riva
la chiglia si arenò
sopra di una secca
Ogni giorno i flutti
delle onde che lambiscono
lo scafo, ormai immobile,
lo corrodono lentamente
con la salsedine che sopra vi s'incrosta
Di notte l'alta marea mi sommerge
e il giorno dopo
riappare il veliero
sempre più bianco e azzurrino
da confondersi con il riverbero
del sole
e dalla riva nessuno lo scorge
anche se io
scorgo la riva
con le figure che vi si agitan
le imbarcazioni leggere
che si distaccano da fragili pontili
per gite brevi e predestinate
quindi con un ritorno sicuro,
anche se i schiocchi freschi e secchi
delle vele appena issate
lascerebbero supporre viaggi diversi
con mete da fissare.......
e così ogni giorno e ogni notte.......
fino a quando una marea
più insidiosa delle altre, buia e densa
frantumerà il vascello
che con uno scoppio lento e stupito
calerà lentamente sul fondo
spargendo
i suoi frammenti
fra le alghe e gli ossi di seppia
e gli altri detriti marini
che la corrente del mattino
porterà lentamente a riva
per depositarsi sulla ghiaia
scintillante al sole
del bagnasciuga

Tano Festa


Art Hotel Atelier sul mare

 


L'Hotel visto dal mare

 


Il mare visto dall'Hotel

IL VIAGGIO DI ULISSE

Siete arrivati. Il viaggio è qui, dentro l'albergo. Questa volta il tour non inizia dal foyer verso le mete esterne, turistiche, ma si snoda nelle sale, su e giù per le scale, dentro le stanze in un crescendo dello stupore e delle meraviglie. È "L'Atelier sul mare", a Castel di Tusa, alle spalle i Nebrodi, davanti una piccola baia blu. Un albergo unico al mondo, esclusivo.
Nel senso che esclude alcuni generi umani: non entrano i dandy stagionati, gli uomini marketing esenti da passioni, donne in carriera inaridite. È luogo degli outsider, degli artisti, dei poeti, di chi cede alle tentazioni. Sarebbe piaciuto a Bruce Chatwin, a Ugo Pratt. In questo museo d'arte contemporanea sono venuti in pellegrinaggio e hanno girato film e video: Raul Ruiz, Schroeder, Teo Eshetu, Memé Perlini, e anche un piccolo gioiello tv di Aldo Vergine. L'idea di Antonio Presti (il mecenate siciliano che ha realizzato Fiumara d'arte, il parco di sculture monumentali più vasto d'Europa) risale a circa 17 anni fa ed è questa: realizzare un luogo dove la gente, l'ospite, può "abitare" dentro l'opera d'arte, un po' come dormire nel letto sghembo di Van Gogh o affacciarsi a una finestra di Magritte. Allora andiamo a vedere queste stanze costruite da artisti: a giocare con la risacca virtuale di Fabrizio Plessi, dove il letto è una zattera e sei schermi ti inondano di spruzzi elettronici, entriamo nell'isola celeste di Canzoneri "Linea d'ombra" per un bagno nel mare al secondo piano. Ci si può rincorrere nei colori di Pietro Dorazio e Graziano Marini, immersi nella luce cangiante; leggere tutti gli alfabeti del mondo nella caverna tutta scritta da Renato Curcio e Agostino Ferrari. Vivere una notte nella stanza Yemenita di Pier Paolo Pasolini, col muro di terra e paglia, inventata da Antonio Presti, Dario Bellezza e Adele Cambria, dove il letto ricorda la deposizione di Cristo del Mantegna e il bagno è un gioco acquatico. Poi, rifugiarsi nel bianco assoluto e planare del "Nido" di Paolo Icaro, su un letto irreale, immenso, a galla sul mare, e in una notte trasformarsi in vittima felice o malizioso carnefice. Ecco la cella mistica di Nagasawa, "Mistero per la luna", solo candele, senza luce, ma con vista interiore.
E gli spazi tagliati da Mauro Staccioli, dietro la porta-macigno di Alì Babà, le reti dorate di Maria Lai: "Su barca di carta m'imbarco", oltre le colonne d'Ercole, per una sfida contro la banalità. Ultime realizzazioni, inaugurate per i 25 anni della Fiumara d'Arte, la "Stanza dei portatori d'acqua" di madame Danielle Mitterrand, Antonio Presti, Agnese Purgatorio e Cristina Bertelli, "Lunaria - contrada senza nome" di Vincenzo Consolo, Ute Pyka e Umberto Leone e infine lo splendido hammam mediorentale di Sislej Xhafa.
Siete tra quelli che sprofondano in un riservato silenzio appena entrati in ascensore? Bene, qui non sarà possibile, perché per prenotare il vostro piano sarà necessario cantare. È l'ultimo progetto e desiderio di Antonio Presti: affidare ad un artista un lavoro per l'ascensore dell'albergo dove grazie a un complicato gioco elettronico, solo chi intonerà un canto potrà arrivare a destinazione. L'Atelier sul mare sarà l'unico posto al mondo dove la gente per entrare e per uscire dovrà solo cantare. Dice Presti: "Ricordati: chi canta prega due volte". Altra banalità da sconfiggere: l'armadio in camera. Se pensate di appendere i vostri abiti in un comodo armadio avete sbagliato albergo, nelle stanze d'arte non esistono appendiabiti, mensole e comodini. Non cercate il televisore in camera, né tappeti d'oriente, né cartoline, qui non si compra e non si vende: si contempla. Il cielo, per esempio, nella stanza più ambita: la "Torre" di Ruiz dove il soffitto si spalanca sul letto nelle notti di plenilunio. E inoltre, gli ospiti potranno realizzare le loro personali creazioni in terracotta partecipando al corso di ceramica nel laboratorio all'interno dell'albergo. Chi entra non è perduto, si trova in un luogo che trasforma tutti in Ulisse. Non sarà una vacanza tradizionale, ma se supererete l'ostacolo, voi stessi, troverete un'altra dimensione, proprio come Alice, al di là dello specchio. Questo è il sogno dell'arte, che pochi uomini scelgono come disciplina di questa vita terrena e a Castel di Tusa "Fiumara d'Arte", c'è un uomo che tutto questo l'ha fatto non solo per sé, ma per il sogno collettivo. Tutto questo nasce dalla "Devozione alla bellezza"

Andreina De Tomassi

 


12 ottobre 1986
La materia poteva non esserci


24 giugno 1989
Monumento per un poeta morto

24 giugno 1989
Energia Mediterranea


24 giugno 1989
Labirinto di Arianna

24 giugno 1989
Arethusa


25 giugno 1989 sequestro di
Stanza di Barca d'Oro


1990 - Muro della vita

 

PARCO FIUMARA D'ARTE

La Fiumara di Tusa è il letto di un antico fiume che un tempo lontano scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino all'antica Halesa, un fiume secco e solo d'inverno a carattere torrentizio. L'idea di "Fiumara d'Arte' nasce nel 1982 quando, gravato di responsabilità e scosso dalla perdita del padre, Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, pensa di dedicare un monumento alla memoria del padre e si rivolge alto scultore Pietro Consagra. Immagina fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele del proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività, e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il linguaggio contemporaneo all'aspra bellezza dei luoghi. L'inaugurazione della scultura di Consagra, il 12 ottobre 1986, coincide con l'annuncio del museo a cielo aperto, tra il consenso dei sindaci del comprensorio. Per cautela però, il sindaco di Tusa invia, su segnalazione della Soprintendenza di Messina un'ordinanza di sospensione dei lavori. Intanto Presti ha già contattato un altro scultore, Paolo Schiavocampo, al quale commissiona una scultura da porre al bivio tra la strada che porta a Castel di Lucio e una vecchia strada di campagna, e la allega come arredo urbano, da lui finanziato, al progetto di rifacimento stradale di cui è incaricata la sua impresa. E ha coinvolto anche il pittore Tano Festa, di cui scopre, durante una visita al suo laboratorio a Roma, il bozzetto di Monumento per un poeta morto, dedicato al fratello Francesco Lo Savio, che decide di realizzare in dimensioni monumentali sul lungomare di Margi, tra l'entusiasmo dell'artista già sofferente e il consenso del Comune di Reitano, che autorizza con una delibera la costruzione per l'alta fama dell'artista e la valorizzazione del territorio con un'opera interamente a spese del proponente.
L'opera di Schiavocampo, dal titolo suggestivo Una curva gettata alle spalle del tempo, viene inaugurata il 30 gennaio 1988, in concomitanza con un concorso di scultura riservato ad artisti sotto i quarant'anni, bandito da Presti e per il quale ha raccolto una giuria internazionale. Tra i 55 bozzetti arrivati, vengono prescelti quelli di Antonio Di Palma e quello di Italo Lanfredini. L'opera di Festa, ribattezzata dalla gente Finestra sul mare, si inaugura invece il 24 giugno del 1989, dopo la morte dell'artista l'anno precedente, insieme alle opere Stanza di barca d'oro di Hidetoshi Nagasawa sul torrente Romei, Energia mediterranea di Antonio Di Palma e Labirinto di Arianna di Italo Lanfredini. Sempre nel 1989 viene completata anche Arethusa, la coloratissima decorazione in ceramica della caserma dei carabinieri di Castel di Lucio realizzata da Piero Dorazio e Graziano Marini.

Il battesimo del progetto complessivo della Fiumara d'arte coincide però paradossalmente con il suo arresto. Stanza di barca d'oro viene messa sotto sequestro durante l'inaugurazione. Lo stesso giorno viene notificato anche un provvedimento contro Finestra sul mare, per occupazione di demanio marittimo e abusivismo edilizio. Contro le opere della Fiumara vengono avviati cinque procedimenti giudiziari e ha inizio l'intricata vicenda processuale che ne
blocca di fatto il completamento, che prevedeva anche la realizzazione di opere di grandi maestri come lo spagnolo Edoardo Chillida, Fausto Melotti e Arnaldo Pomodoro. I sindaci si tirano indietro e Presti viene lasciato solo di fronte alla giustizia, anche se al suo fianco si schiera la stampa e il mondo dell'arte. Parte anche un'interrogazione parlamentare, firmata da Bruno Zevi, Giuseppe Calderini, Massimo Teodori, e Francesco Rutelli, che chiedono al Ministro dei Beni Culturali e Ambientali di "intervenire con la massima urgenza per fare cessare lo scempio e la persecuzione delle autorità locali nei confronti dell'iniziativa di Antonio Presti che ha costituito attorno alla Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico, culturale e paesistico di rilievo internazionale".
Il 2 luglio del 1990 però, Giuseppe Costa, pretore di Santo Stefano di Camastra, condanna Presti alla demolizione dell'opera di Consagra, a quindici giorni di reclusione e a 23 milioni di multa per avere alterato il territorio, per abusivismo edilizio e per avere violato la legge Galasso, di cui la sentenza dà un'interpretazione restrittiva. La scultura comunque non sarà demolita, perché Presti si appella e al momento della sentenza di appello della Corte di Messina il reato è caduto in prescrizione. Intanto però interviene sulla questione l'Assessore regionale ai Beni Cutturati Turi lombardo, che fa un soprattuogo e convoca li 21 luglio una riunione di amministratori Locati a Santo Stefano di Camastra dichiarando di volere raccogliere la positiva sfida di Presti cercando una soluzione compatibile con la legislazione vigente per salvare te opere. Lombardo nomina una commissione per studiare il modo in cui definire la Fiumara un momento istituzionale della Regione per la promozione dell'arte, e promette di varare rapidamente un D.D.L. regionale. Si profila dunque un contrasto tra amministratori e giudici, e il nocciolo della questione da giuridico si fa sempre più politico, mentre si conviene ufficialmente che le opere della Fiumara non deturpano, ma semmai "sanano" lo scempio del paesaggio operato nei decenni precedenti, nonostante il parere contrario della Soprintendenza di Messina, arroccata nella sua ostilità. Il 10 ottobre 1990 il pretore di Mistretta, Nicolò Fazio, assolve Presti per Stanza di Barca d'oro con una interessante sentenza: "il fatto non costituisce reato, in quanto la stanza nascosta nell'argine non altera lo stato dei luoghi inteso come identità; è escluso il danno alle bellezze paesistiche essendo il concetto di bellezza un dato metafisico difficilmente definibile; non è applicabile la legge Galasso in quanto la Fiumara d'arte "si propone la qualificazione artistica e non già la trasformazione urbanistico-edilizia detto scabro comprensorio dei Nebrodi". Ma la Procura di Messina ricorre in appello, unificando successivamente i vari procedimenti in atto contro
Fiumara. Intanto Presti inaugura nel 1991 l'Atelier sul mare, un albergo a Castel di Tusa, affidando a vari artisti la realizzazione delle camere. L'albergo diventa presto un singolare museo abitabile, luogo di partenza per le escursioni nella Fiumara, residenza di giovani artisti stranieri, spazio espositivo. La storia di questo albergo affascinante dove ogni opera d'arte diventa la propria temporanea dimora, si collega dunque allo straordinario percorso detta Fiumara costituendo una sorta di romitaggio dei pettegrini dell'arte. La vicenda processuale non lascia tregua, e se all'inizio di ottobre 1993 Presti invita quaranta artisti ceramisti provenienti da tutta Europa a realizzare un'opera collettiva sul muro di contenimento di una delle strade della Fiumara, che diventa così Il Muro della vita, è del 25 ottobre 1993 la dura sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Messina. Arriva l'ordine di demolizione della Finestra sul mare considerata edifìcio abusivo alla pari delle 15.000 costruzioni senza licenza che invece una legge regionale votata in quei giorni dal governo Campione, ma poi bloccata dal TAR, stava per salvare. Presti viene condannato anche per Una curva alle spalle del tempo, in tutto 15 giorni di arresto, 15 milioni di lire di ammenda e 30 milioni di multa. I procedimenti contro le altre tre opere, Stanza di Barca d'oro, Energia mediterranea, Labirinto di Arianna, vengono invece dichiarati estinti per avvenuta prescrizione. E' il momento di una seconda ondata di mobilitazione generale e subito a Roma un gruppo di artisti e intellettuali sollecita l'intervento del ministro dei Beni Culturali Alberto Ronchey, mentre una petizione firmata da 60 nomi della cultura italiana esorta il governo regionale ad agire per evitare la demolizione. Del resto una soluzione a portata di mano c'è: secondo la nuova Legge regionale sull'abusivismo edilizio, la demolizione può essere evitata qualora il Comune dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, che nel caso dell'opera di Festa sono peraltro evidenti. Ma il Comune latita, e intanto il gruppo consiliare del PDS all'Assemblea Regionale predispone un disegno di legge per la Fiumara. A metà novembre un documento firmato stavolta da 3000 esponenti della cultura e dall'opinione pubblica induce l'Assessore regionale ai Beni Culturali e Ambientati Saraceno a convocare una riunione che sembra preludere all'investitura ufficiale del governo nella vicenda della Fiumara. Il 23 febbraio del 1994 la Corte di Cassazione chiude ta vicenda annullando l'ordine di demolizione, i provvedimenti della Corte d'Appello e le richieste della Procura di Messina. All'albergo-museo si festeggia con l'apertura di otto nuove stanze d'artista. La Fiumara è salva. Salva? Né la Regione, né la Provincia, né i Comuni prendono atto della sua esistenza. Nessuno accetta il dono e si fa carico della sua tutela. Nessuno ha saputo o voluto sfruttare l'enorme potenziate turistico, e quindi economico, che essa propone in una zona peraltro tagliata fuori dai percorsi consueti, ma vicina alta turistica Cefalù. Nessuno t'ha adottata, lasciandola orfana e in balia del degrado.
Non importa: ben visibili eppure clandestine, le opere detta Fiumara restano la meta privilegiata di un percorso iniziatico. Presti sempre più isolato, vittima di attacchi mafiosi, decide di trasferirsi a Catania per continuare ìl suo impegno civile per il quartiere di Librino e a Palermo per il fiume Oreto. Nel 2005, quando si rende conto che tutto il patrimonio artistico si sta deteriorando e la manutenzione delle opere è indispensabile, il 22 aprile, decide di opporre un rifiuto a questo rifiuto detto Stato e chiude con un enorme telo blu la Finestra sul mare scrivendo in tutte te lingue la parola "chiuso". Con questo gesto simbolico Presti decide di ribaltare le posizioni: sottrarre l'opera alto sguardo del pubblico è un gesto di grande forza per affermare l'esistenza della scultura come pensiero, anche a prescindere dalla materia. Questa volta è Pesti a denunciare tutti i sindaci e la Regione Siciliana per incolumità civile. Interviene all'appello il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e finalmente, il 6 gennaio del 2006, dopo 25 anni di battaglie, viene riconosciuto il Parco di Fiumara d'arte, aiutato dal Governo regionale che ha approvato l'istituzione del percorso turistico culturale di Fiumara d'Arte (Legge Regionale 6106 dal titolo "Valorizzazione turistica-Fruizione e conservazione opera di Fiumara d'Arte" a firma dell'On.te Nino Beninati e dell'On.le Salvo Fleres). La parola "fine" di questa vicenda, sigilla non solo l'impegno di una vita ma afferma soprattutto una vittoria "politica" dell'arte, una vittoria della forza dell'esistenza.
 

 

 

 

 

FIUMARA D'ARTE SBARCA A CATANIA

LA RINASCITA

«Ogni apparire è imperfetto - direbbe Greimas - esso nasconde l'essere....».
E quell'imperfezione è un trampolino, un viadotto, una strada che dall'insignificanza porta al senso. Si è concluso con una grande festa, dopo undici lunghi anni, quel viaggio negato e immaginario, quella ricerca del senso , appunto, che non a caso aveva scelto come simbolo una barca che partì dalle viscere, dal cuore della terra del Mito, dall'Isola di viaggiatori per antonomasia, manifestando, appieno, la forza e il significato del silenzio, e dell'attesa.
A simboleggiare l'eternità dell'idea e dell'arte, a sottolineare il potere della pazienza e la sapiente scelta ciclica del non essere, Hidetochi Nagasawa e il suo «Trovatore», Antonio Presti, per rinascere e rendere compiuta quell'opera fermata dai paradossi della burocrazia e delle regole, hanno scelto il laghetto dei Mercati Generali, a Catania.
Da contrada Romei, dunque, a Mistretta dopo aver posto i sigilli alla sotterranea Stanza di barca d'oro, l'opera d'arte più volte processata per abuso, è stata finalmente assolta. Ha compiuto il suo ciclo, ed è approdata ad un gruppo scelto di vip e cultori dell'arte sottolineando il riscatto, la metafora orientale del viaggio sull'acqua e la sua massima sull'esistenza invisibile, il limite tra apparire ed essere, tra interiori ed esteriore.
Sabato 17 giugno 2000 a Catania. E' affiorata nella notte, trasformandosi nelle 49 barche luminose divenendo multipla e rendendosi manifesta a tutti con sette grandi canoe dorate, (il 7 è un numero sacro), che, a loro volta dentro il loro ventre, ne contengono ciascuna altre sette. 49, in tutto, è cioè rinascita, secondo l'antica cabala. Si è svolto così l'attesissimo happening catanese, in un'ambiente incensato, ricco di stimoli sensoriali, in mezzo agli aranci, ai gelsomini e ai fichi d'India, a lume di candela, sul ritmo di tamburi di Jean Jeaques Lemetre, del Theatre du Soleil. In un'atmosfera zen, essenziale e mistica, al tramonto, si sono ritrovati decine di critici d'arte e giornalisti, intellettuali e artisti provenienti da tutto il mondo. Per celebrare l'approdo, la rinascita appunto, e la definitiva conclusione dell'esperienza di Fiumara d'Arte, a Castel di Tusa, da parte di Presti e del giapponese Nagasawa.

QUARANTANOVE BARCHE SOSPESE TRA LA MEMORIA E LA LUCE

Nell'intervista di Daniela Ferraria, il maestro Hidetochi Nagasawa illustra la rinoscita della Stanza di Barca d'Oro ai Mercati Generali di Catania.
Dopo più di 10 anni, si chiude la "Stanza di Barca d'oro", un'opera rimasta incompleta, mancava un ultimo gesto finale?
L'Opera doveva essere chiusa dopo essere stata vista, questa era l'idea iniziale. Ora si può compiere finalmente questo gesto che è rimasto sospeso per molti anni.
Con questo viaggio simbolico da Tusa a Catania, accompagni Antonio nel suo spostamento?
Dopo la chiusura, quest'opera ha un suo percorso, un viaggio autonomo. La nuova opera che realizzerò avrà una sua diversa vita.
Il viaggio è un elemento molto importante della tua vita?
Ci sono tre tipi di viaggi diversi: uno comprende un'idea di spostamento di luogo, come nel significato generale viene inteso. Il secondo può essere la vita stessa che è un viaggio. Il terzo è la ricerca di un'idea ed è questo per me il viaggio più importante, non c'è un percorso stabilito e molto stimolante, ma è pericoloso perchè non sappiamo partendo dove stiamo andando e se poossiamo tornare. Le tre idee di viaggio possono essere vissute anche contemporaneamente.
Questo nuovo lavoro avrà come soggetto sempre il tema della barca, dall'invisibile al visibile, ora le barche riprenderanno la loro funzione e galleggeranno sull'acqua.
La barca è una metafora, quando io realizzo un'opera con un materiale, la parte più importante è quella che non si vede.
Ritroviamo la tua poetica, ancora un miracolo di equilibrio, un'idea di tensione e di precarietà, ancora il tema della percezione dei sensi?
Ogni fenomeno dell'universo nasce come un'onda di interferenza tra il tempo presente ed il tempo passato, oppure il tempo presente ed il tempo futuro. Cioè un flusso che influenza anche a ritroso il presente che può influenzare il passato. Vorrei dire che non c'è il tempo.
La luce generata all'interno stesso delle barche oltre a rendere possibile la visione ha un significato simbolico?
L'acqua continua la memoria, l'olio e l'aria creano la luce. Quarantanove barche sono in equilibrio all'interno delle sette barche grandi che si muovono sulla superficie del lago. Spero che queste barche vivano e fluttuino rimanendo nella vostra mente. Chiedo forse troppo?
Hai già pensato ad un titolo per questa nuova opera?
Sto pensandoci, verrà il nome quando l'opera avrà preso corpo, anche ad un bambino si da il nome quando è.

 

 

 

 

Casa dolce casa

Intervista a Paola Nicita



La casa rappresenta lo spazio privato invalicabile, il grembo di mattoni e cemento nel quale ciascuno cerca rifugio e protezione. Non solo è l’immagine concreta dell’accoglienza e l'intimo deposito in cui posizionare e sovrapporre oggetti e ricordi, ma essa costituisce anche la rappresentazione simbolica della propria identità psichica e sociale. É cioè uno spazio destinato ad interagire con la "persona" -intesa nel duplice significato di individuo e di maschera sociale- e con la sua storia, e che, sebbene nasca in funzione di necessità abitative, tende a travalicare scopi ed esigenze contingenti, originando complesse relazioni tra soggetto, spazio e memoria.
La casa costituisce quindi la dimensione privilegiata per svolgere una riflessione sul nostro rapporto con il luogo e i significati che ad esso siamo soliti attribuire.
In una realtà sociale contemporanea in cui la tipologia del 'non-luogo' -con il suo seguito di sperdimento e spersonalizzazione- sembra conquistare anche l'ambito domestico, si impone la necessità di ri-costruire e ri-scoprire una dimensione originaria dei luoghi, anche operando dei salutari mutamenti di prospettiva, mettendo in gioco funzioni e funzionalità.
Stesicorea, la casa dove ogni singola stanza, ispirata ad una poesia, è realizzata da un artista (ma alcune anche in coppia o in gruppo) rappresenta quindi la problematizzazione del rapporto tra arte e luogo, che si attua mediante la presa di coscienza del possibile ribaltamento causato dal passaggio dalla dimensione privata a quella pubblica.
L’arte è la presenza che ha consentito questo capovolgimento, consegnando idealmente le chiavi di casa al pubblico, aprendo le porte a visitatori sconosciuti, e porgendo il benvenuto con il calore di una intimità rivisitata nel segno della creatività, che qui si trasforma in possibilità di scoperta e conoscenza. E’ come se, improvvisamente, all’interno degli spazi della casa, si specchiasse l’antico teatro greco che si trova proprio di fronte ad essa, trasferendo nel chiuso dell’appartamento l’idea corale di incontro, sia tra la gente del pubblico, che tra spettatori e attori, che è propria della scena. Non è un caso, dunque, che gli artisti si siano ispirati ad una poesia per le loro opere: la parola, vivificatrice, torna a riecheggiare in luoghi già conosciuti, risvegliandoli e intrecciando legami senza tempo, che conducono tra l'altro a riscoprire una dimensione della socialità e della condivisione di valori anche estetici.
La casa fagocita lo spazio circostante, ne risucchia icone e simulacri cittadini, del presente come del passato, instaurando un continuo dialogo tra 'interno' ed 'esterno', tra ‘pubblico’ e ‘privato’.
E questo si presenta del tutto in linea con una tendenza molto evidente dell'arte contemporanea degli ultimi decenni per la quale lavorare all’interno di un ambiente chiuso, trasformandolo, risulta essere una forte esigenza espressiva. Lo spazio non è più, quindi, il luogo finalizzato esclusivamente alla fruizione dell'arte, ma esso stesso si propone quale fondamentale elemento semantico.
Il modo tradizionale di rapportarsi all'opera d'arte si è così modificato, affrancandosi dalla ‘frontalità’ che per secoli l'aveva soggiogato, svelando, accanto a inedite possibilità espressive, una nuova dimensione emotiva.
Non è quindi un caso che il tema della casa costituisca uno degli argomenti centrali della riflessione dell'arte contemporanea, e non tanto per il dato architettonico in sé, ma soprattutto per il suo essere contesto paradigmatico dell'interazione tra individuo e società, tra spazio vitale e dimensione psichica. Tra i casi più eclatanti pensiamo ad esempio a Guillame Bijl, artista belga che in una grande sala del museo di Gent ha trasportato una povera abitazione contadina a dimensione reale, perfettamente arredata, nella quale l'osservatore può entrare visitando ogni stanza, con la sensazione colpevole di violare indebitamente l'intimità di qualcuno che si è allontanato da poco. Umili oggetti e odori casalinghi sono indizi evidenti di una presenza umana -in realtà solo apparente- e ciò trasmette una sensazione di estraniamento, che porta alla presa di coscienza del carico di simbolismi che leghiamo alla casa e che spesso la reiterazione dell'esperienza quotidiana personale tende inevitabilmente a sottacere. Molto scompiglio ha causato inoltre a Londra il lavoro dell'artista Tracey Emin, che ha ricontestualizzato in una sala destinata all'esposizione pubblica, la propria stanza da letto, nel più totale disordine e con elementi strettamente personali, creando così scandalo con un'operazione di pubblicità degli aspetti più scabrosi della propria intimità domestica. "House" è invece il titolo della grande scultura di Rachel Witheread, calco in gesso a dimensione reale degli spazi interni di una casa di tre piani, poi abbatuta durante una clamorosa performance.
Ma Stesicorea si presenta, nella sua sperimentalità, come un progetto dai connotati totalmente diversi. Non è certamente lo scandalo la scintilla che la anima, ma piuttosto l'idea di trovare nuove impostazioni a rapporti ormai sfibrati tra spazio e individuo, tra cose e valori.
Ricostruire un luogo, come hanno fatto questi artisti, significa certamente agire materialmente sullo spazio, ma soprattutto modificare radicalmente e in modo profondo la stessa relazione tra arte e società, e gli schemi ormai frusti sulla base dei quali si svolge la fruizione dell'opera creativa stessa. Offrire la propria casa all'arte e offrire arte nella propria casa, al pubblico indistinto, presuppone l'adesione ad una concezione dell'arte come etica della condivisione di valori sociali oltre che estetici. L'opera d'arte non è contenuta nella casa, e come tale esposta ai visitatori, ma è la casa stessa, nei suoi spazi interni, con i suoi contenuti, ad essere opera d'arte, e la visita incessante del pubblico che si reca in una casa privata a fruire dell'arte, non fa che contribuire a sottolineare la forza e la pregnanza dell'alterazione ormai compiuta su certi schemi precostituiti e ormai superati. Anche sul piano della metodologia della realizzazione di Stesicorea, emerge la peculiarità di una idea della progettualità caratterizzata da un modificato assetto consequenziale, per cui l’idea progettuale non nasce più dal susseguirsi di eventi posti in successione, l’uno prima o dopo l’altro, ma secondo un tempo nuovo, dove i frammenti sono legati e al contempo autonomi, e procedono l’uno accanto all’altro, parallelamente, piuttosto che consequenzialmente. Le stanze degli artisti (Gianfranco Anastasio, Davide Bramante, Andrea Buglisi, Rocco Carlisi, Giulia Di Natale e Claudio Montaudo, Giovanni Lo Verso, Lidia Rizzo, Enzo Rovella, Enrico Salemi, Giovanni Tuccio, e il gruppo costituito da Antonio Presti, Maria Attanasio, Gianfranco Molino e Gianna La Rosa), parlano al pubblico con linguaggi differenti e si presentano come visioni molteplici.
Pur nella contiguità, le stanze sono l’una indipendente dall’altra, e ciascuna, allo stesso tempo, è parte fondamentale di un progetto aperto e mutevole.
Queste stanze verranno distrutte ad un anno dall’inaugurazione della casa, così come del resto è già avvenuto per altre stanze d'artista, una prima volta. I lavori verranno fotografati e filmati, ma poi sarà proprio la stratificazione di questo archivio documentale in progress a creare una ulteriore opera, una casa immaginaria dalle opere ormai scomparse, eppure -si potrà poi dire “un tempo”- visibili ed esistenti, la cui percezione sarà affidata solo al ricordo.