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Sono
qui per stupirmi…
Con lo stupore si inizia ed anche con lo stupore si termina, e tuttavia
non è un cammino vano. Si ammira un muschio, un cristallo,
un fiore oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro
da gigante… ogni volta che riesco a vivere in sintonia con
un frammento di natura grazie all’occhio o ad un altro senso,
ogni volta che sono da esso attirato ed incantato, aprendomi per
un attimo, allora dimentico – in quello stesso istante –
tutto l’avido cieco mondo delle umane ristrettezze, ed invece
di pensare ad impartire ordini, invece di conquistare o di sfruttare,
di combattere o di organizzare, in quell’istante non faccio
altro che “stupirmi” e con questo stupore non solo divento
fratello di tutti i poeti, i saggi, ma anche fratello di tutto ciò
che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello
scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti perché lungo
il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione
ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura
dice all’altra “questo sei tu”.
Antonio Presti
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Monumento
per un poeta morto, 1989
(part. prima del restauro)
Monumento
per un poeta morto, 1989
(part. prima del restauro) |
IL
VASCELLO FANTASMA
Un
tempo
come un gagliardo veliero
la prora fendendo
marosi schiumanti di rabbia marina
solcai tutti i mari
Poi,
nel fare ritorno verso le mie coste
a poca distanza dalla riva
la chiglia si arenò
sopra di una secca
Ogni giorno i flutti
delle onde che lambiscono
lo scafo, ormai immobile,
lo corrodono lentamente
con la salsedine che sopra vi s'incrosta
Di notte l'alta marea mi sommerge
e il giorno dopo
riappare il veliero
sempre più bianco e azzurrino
da confondersi con il riverbero
del sole
e dalla riva nessuno lo scorge
anche se io
scorgo la riva
con le figure che vi si agitan
le imbarcazioni leggere
che si distaccano da fragili pontili
per gite brevi e predestinate
quindi con un ritorno sicuro,
anche se i schiocchi freschi e secchi
delle vele appena issate
lascerebbero supporre viaggi diversi
con mete da fissare.......
e così ogni giorno e ogni notte.......
fino a quando una marea
più insidiosa delle altre, buia e densa
frantumerà il vascello
che con uno scoppio lento e stupito
calerà lentamente sul fondo
spargendo
i suoi frammenti
fra le alghe e gli ossi di seppia
e gli altri detriti marini
che la corrente del mattino
porterà lentamente a riva
per depositarsi sulla ghiaia
scintillante al sole
del bagnasciuga
Tano Festa
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Art
Hotel Atelier sul mare
L'Hotel
visto dal mare
Il
mare visto dall'Hotel
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IL
VIAGGIO DI ULISSE
Siete arrivati. Il viaggio è qui, dentro l'albergo. Questa
volta il tour non inizia dal foyer verso le mete esterne, turistiche,
ma si snoda nelle sale, su e giù per le scale, dentro le
stanze in un crescendo dello stupore e delle meraviglie. È
"L'Atelier sul mare", a Castel di Tusa, alle spalle i
Nebrodi, davanti una piccola baia blu. Un albergo unico al mondo,
esclusivo.
Nel senso che esclude alcuni generi umani: non entrano i dandy stagionati,
gli uomini marketing esenti da passioni, donne in carriera inaridite.
È luogo degli outsider, degli artisti, dei poeti, di chi
cede alle tentazioni. Sarebbe piaciuto a Bruce Chatwin, a Ugo Pratt.
In questo museo d'arte contemporanea sono venuti in pellegrinaggio
e hanno girato film e video: Raul Ruiz, Schroeder, Teo Eshetu, Memé
Perlini, e anche un piccolo gioiello tv di Aldo Vergine. L'idea
di Antonio Presti (il mecenate siciliano che ha realizzato Fiumara
d'arte, il parco di sculture monumentali più vasto d'Europa)
risale a circa 17 anni fa ed è questa: realizzare un luogo
dove la gente, l'ospite, può "abitare" dentro l'opera
d'arte, un po' come dormire nel letto sghembo di Van Gogh o affacciarsi
a una finestra di Magritte. Allora andiamo a vedere queste stanze
costruite da artisti: a giocare con la risacca virtuale di Fabrizio
Plessi, dove il letto è una zattera e sei schermi ti inondano
di spruzzi elettronici, entriamo nell'isola celeste di Canzoneri
"Linea d'ombra" per un bagno nel mare al secondo piano.
Ci si può rincorrere nei colori di Pietro Dorazio e Graziano
Marini, immersi nella luce cangiante; leggere tutti gli alfabeti
del mondo nella caverna tutta scritta da Renato Curcio e Agostino
Ferrari. Vivere una notte nella stanza Yemenita di Pier Paolo Pasolini,
col muro di terra e paglia, inventata da Antonio Presti, Dario Bellezza
e Adele Cambria, dove il letto ricorda la deposizione di Cristo
del Mantegna e il bagno è un gioco acquatico. Poi, rifugiarsi
nel bianco assoluto e planare del "Nido" di Paolo Icaro,
su un letto irreale, immenso, a galla sul mare, e in una notte trasformarsi
in vittima felice o malizioso carnefice. Ecco la cella mistica di
Nagasawa, "Mistero per la luna", solo candele, senza luce,
ma con vista interiore.
E gli spazi tagliati da Mauro Staccioli, dietro la porta-macigno
di Alì Babà, le reti dorate di Maria Lai: "Su
barca di carta m'imbarco", oltre le colonne d'Ercole, per una
sfida contro la banalità. Ultime realizzazioni, inaugurate
per i 25 anni della Fiumara d'Arte, la "Stanza dei portatori
d'acqua" di madame Danielle Mitterrand, Antonio Presti, Agnese
Purgatorio e Cristina Bertelli, "Lunaria - contrada senza nome"
di Vincenzo Consolo, Ute Pyka e Umberto Leone e infine lo splendido
hammam mediorentale di Sislej Xhafa.
Siete tra quelli che sprofondano in un riservato silenzio appena
entrati in ascensore? Bene, qui non sarà possibile, perché
per prenotare il vostro piano sarà necessario cantare. È
l'ultimo progetto e desiderio di Antonio Presti: affidare ad un
artista un lavoro per l'ascensore dell'albergo dove grazie a un
complicato gioco elettronico, solo chi intonerà un canto
potrà arrivare a destinazione. L'Atelier sul mare sarà
l'unico posto al mondo dove la gente per entrare e per uscire dovrà
solo cantare. Dice Presti: "Ricordati: chi canta prega due
volte". Altra banalità da sconfiggere: l'armadio in
camera. Se pensate di appendere i vostri abiti in un comodo armadio
avete sbagliato albergo, nelle stanze d'arte non esistono appendiabiti,
mensole e comodini. Non cercate il televisore in camera, né
tappeti d'oriente, né cartoline, qui non si compra e non
si vende: si contempla. Il cielo, per esempio, nella stanza più
ambita: la "Torre" di Ruiz dove il soffitto si spalanca
sul letto nelle notti di plenilunio. E inoltre, gli ospiti potranno
realizzare le loro personali creazioni in terracotta partecipando
al corso di ceramica nel laboratorio all'interno dell'albergo. Chi
entra non è perduto, si trova in un luogo che trasforma tutti
in Ulisse. Non sarà una vacanza tradizionale, ma se supererete
l'ostacolo, voi stessi, troverete un'altra dimensione, proprio come
Alice, al di là dello specchio. Questo è il sogno
dell'arte, che pochi uomini scelgono come disciplina di questa vita
terrena e a Castel di Tusa "Fiumara d'Arte", c'è
un uomo che tutto questo l'ha fatto non solo per sé, ma per
il sogno collettivo. Tutto questo nasce dalla "Devozione alla
bellezza"
Andreina
De Tomassi
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12
ottobre 1986
La materia poteva non esserci
24
giugno 1989
Monumento per un poeta morto
24
giugno 1989
Energia Mediterranea
24
giugno 1989
Labirinto di Arianna
24
giugno 1989
Arethusa
25
giugno 1989 sequestro di
Stanza di Barca d'Oro
1990
- Muro della vita
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PARCO
FIUMARA D'ARTE
La
Fiumara di Tusa è il letto di un antico fiume che un tempo
lontano scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino
all'antica Halesa, un fiume secco e solo d'inverno a carattere
torrentizio. L'idea di "Fiumara d'Arte' nasce nel 1982 quando,
gravato di responsabilità e scosso dalla perdita del padre,
Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, pensa
di dedicare un monumento alla memoria del padre e si rivolge alto
scultore Pietro Consagra. Immagina
fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele
del proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività,
e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta
presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già
immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il linguaggio
contemporaneo all'aspra bellezza dei luoghi. L'inaugurazione della
scultura di Consagra, il 12 ottobre 1986, coincide con l'annuncio
del museo a cielo aperto, tra il consenso dei sindaci del comprensorio.
Per cautela però, il sindaco di Tusa invia, su segnalazione
della Soprintendenza di Messina un'ordinanza di sospensione dei
lavori. Intanto Presti ha già contattato un altro scultore,
Paolo Schiavocampo, al quale commissiona
una scultura da porre al bivio tra la strada che porta a Castel
di Lucio e una vecchia strada di campagna, e la allega come arredo
urbano, da lui finanziato, al progetto di rifacimento stradale di
cui è incaricata la sua impresa. E ha coinvolto anche il
pittore Tano Festa, di cui scopre,
durante una visita al suo laboratorio a Roma, il bozzetto di Monumento
per un poeta morto, dedicato al fratello Francesco Lo Savio, che
decide di realizzare in dimensioni monumentali sul lungomare di
Margi, tra l'entusiasmo dell'artista già sofferente e il
consenso del Comune di Reitano, che autorizza con una delibera la
costruzione per l'alta fama dell'artista e la valorizzazione del
territorio con un'opera interamente a spese del proponente.
L'opera di Schiavocampo, dal titolo suggestivo Una
curva gettata alle spalle del tempo, viene
inaugurata il 30 gennaio 1988, in concomitanza con un concorso di
scultura riservato ad artisti sotto i quarant'anni, bandito da Presti
e per il quale ha raccolto una giuria internazionale. Tra i 55 bozzetti
arrivati, vengono prescelti quelli di Antonio
Di Palma e quello di Italo Lanfredini.
L'opera di Festa, ribattezzata dalla gente Finestra
sul mare, si inaugura invece il 24 giugno del
1989, dopo la morte dell'artista l'anno precedente, insieme alle
opere Stanza di barca d'oro
di Hidetoshi Nagasawa sul torrente
Romei, Energia mediterranea
di Antonio Di Palma e Labirinto di Arianna di Italo Lanfredini.
Sempre nel 1989 viene completata anche Arethusa,
la coloratissima decorazione in ceramica della caserma dei carabinieri
di Castel di Lucio realizzata da Piero Dorazio
e Graziano Marini.
Il
battesimo del progetto complessivo della Fiumara d'arte coincide
però paradossalmente con il suo arresto. Stanza di barca
d'oro viene messa sotto sequestro durante l'inaugurazione. Lo stesso
giorno viene notificato anche un provvedimento contro Finestra sul
mare, per occupazione di demanio marittimo e abusivismo edilizio.
Contro le opere della Fiumara vengono avviati cinque procedimenti
giudiziari e ha inizio l'intricata vicenda processuale che ne
blocca di fatto il completamento, che prevedeva anche la realizzazione
di opere di grandi maestri come lo spagnolo Edoardo
Chillida, Fausto Melotti e Arnaldo
Pomodoro. I sindaci si tirano indietro e Presti viene lasciato
solo di fronte alla giustizia, anche se al suo fianco si schiera
la stampa e il mondo dell'arte. Parte anche un'interrogazione parlamentare,
firmata da Bruno Zevi, Giuseppe Calderini, Massimo Teodori, e Francesco
Rutelli, che chiedono al Ministro dei Beni Culturali e Ambientali
di "intervenire con la massima urgenza per fare cessare lo
scempio e la persecuzione delle autorità locali nei confronti
dell'iniziativa di Antonio Presti che ha costituito attorno alla
Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico,
culturale e paesistico di rilievo internazionale".
Il 2 luglio del 1990 però, Giuseppe Costa, pretore di Santo
Stefano di Camastra, condanna Presti alla demolizione dell'opera
di Consagra, a quindici giorni di reclusione e a 23 milioni di multa
per avere alterato il territorio, per abusivismo edilizio e per
avere violato la legge Galasso, di cui la sentenza dà un'interpretazione
restrittiva. La scultura comunque non sarà demolita, perché
Presti si appella e al momento della sentenza di appello della Corte
di Messina il reato è caduto in prescrizione. Intanto però
interviene sulla questione l'Assessore regionale ai Beni Cutturati
Turi lombardo, che fa un soprattuogo e convoca li 21 luglio una
riunione di amministratori Locati a Santo Stefano di Camastra dichiarando
di volere raccogliere la positiva sfida di Presti cercando una soluzione
compatibile con la legislazione vigente per salvare te opere. Lombardo
nomina una commissione per studiare il modo in cui definire la Fiumara
un momento istituzionale della Regione per la promozione dell'arte,
e promette di varare rapidamente un D.D.L. regionale. Si profila
dunque un contrasto tra amministratori e giudici, e il nocciolo
della questione da giuridico si fa sempre più politico, mentre
si conviene ufficialmente che le opere della Fiumara non deturpano,
ma semmai "sanano" lo scempio del paesaggio operato nei
decenni precedenti, nonostante il parere contrario della Soprintendenza
di Messina, arroccata nella sua ostilità. Il 10 ottobre 1990
il pretore di Mistretta, Nicolò Fazio, assolve Presti per
Stanza di Barca d'oro con una interessante sentenza: "il fatto
non costituisce reato, in quanto la stanza nascosta nell'argine
non altera lo stato dei luoghi inteso come identità; è
escluso il danno alle bellezze paesistiche essendo il concetto di
bellezza un dato metafisico difficilmente definibile; non è
applicabile la legge Galasso in quanto la Fiumara d'arte "si
propone la qualificazione artistica e non già la trasformazione
urbanistico-edilizia detto scabro comprensorio dei Nebrodi".
Ma la Procura di Messina ricorre in appello, unificando successivamente
i vari procedimenti in atto contro
Fiumara. Intanto Presti inaugura nel 1991 l'Atelier
sul mare, un albergo a Castel di Tusa, affidando
a vari artisti la realizzazione delle camere. L'albergo diventa
presto un singolare museo abitabile, luogo di partenza per le escursioni
nella Fiumara, residenza di giovani artisti stranieri, spazio espositivo.
La storia di questo albergo affascinante dove ogni opera d'arte
diventa la propria temporanea dimora, si collega dunque allo straordinario
percorso detta Fiumara costituendo una sorta di romitaggio dei pettegrini
dell'arte. La vicenda processuale non lascia tregua, e se all'inizio
di ottobre 1993 Presti invita quaranta artisti ceramisti provenienti
da tutta Europa a realizzare un'opera collettiva sul muro di contenimento
di una delle strade della Fiumara, che diventa così Il Muro
della vita, è del 25 ottobre 1993 la
dura sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Messina. Arriva
l'ordine di demolizione della Finestra sul mare considerata edifìcio
abusivo alla pari delle 15.000 costruzioni senza licenza che invece
una legge regionale votata in quei giorni dal governo Campione,
ma poi bloccata dal TAR, stava per salvare. Presti viene condannato
anche per Una curva alle spalle
del tempo, in tutto 15 giorni di arresto, 15
milioni di lire di ammenda e 30 milioni di multa. I procedimenti
contro le altre tre opere, Stanza di Barca d'oro, Energia mediterranea,
Labirinto di Arianna, vengono invece dichiarati estinti per avvenuta
prescrizione. E' il momento di una seconda ondata di mobilitazione
generale e subito a Roma un gruppo di artisti e intellettuali sollecita
l'intervento del ministro dei Beni Culturali Alberto Ronchey, mentre
una petizione firmata da 60 nomi della cultura italiana esorta il
governo regionale ad agire per evitare la demolizione. Del resto
una soluzione a portata di mano c'è: secondo la nuova Legge
regionale sull'abusivismo edilizio, la demolizione può essere
evitata qualora il Comune dichiari l'esistenza di prevalenti interessi
pubblici, che nel caso dell'opera di Festa sono peraltro evidenti.
Ma il Comune latita, e intanto il gruppo consiliare del PDS all'Assemblea
Regionale predispone un disegno di legge per la Fiumara. A metà
novembre un documento firmato stavolta da 3000 esponenti della cultura
e dall'opinione pubblica induce l'Assessore regionale ai Beni Culturali
e Ambientati Saraceno a convocare una riunione che sembra preludere
all'investitura ufficiale del governo nella vicenda della Fiumara.
Il 23 febbraio del 1994 la Corte di Cassazione chiude ta vicenda
annullando l'ordine di demolizione, i provvedimenti della Corte
d'Appello e le richieste della Procura di Messina. All'albergo-museo
si festeggia con l'apertura di otto nuove stanze d'artista. La Fiumara
è salva. Salva? Né la Regione, né la Provincia,
né i Comuni prendono atto della sua esistenza. Nessuno accetta
il dono e si fa carico della sua tutela. Nessuno ha saputo o voluto
sfruttare l'enorme potenziate turistico, e quindi economico, che
essa propone in una zona peraltro tagliata fuori dai percorsi consueti,
ma vicina alta turistica Cefalù. Nessuno t'ha adottata, lasciandola
orfana e in balia del degrado.
Non importa: ben visibili eppure clandestine, le opere detta Fiumara
restano la meta privilegiata di un percorso iniziatico. Presti sempre
più isolato, vittima di attacchi mafiosi, decide di trasferirsi
a Catania per continuare ìl suo impegno civile per il quartiere
di Librino e a Palermo per il fiume Oreto. Nel 2005, quando si rende
conto che tutto il patrimonio artistico si sta deteriorando e la
manutenzione delle opere è indispensabile, il 22 aprile,
decide di opporre un rifiuto a questo rifiuto
detto Stato e chiude con un enorme telo blu la Finestra sul mare
scrivendo in tutte te lingue la parola "chiuso". Con questo
gesto simbolico Presti decide di ribaltare le posizioni: sottrarre
l'opera alto sguardo del pubblico è un gesto di grande forza
per affermare l'esistenza della scultura come pensiero, anche a
prescindere dalla materia. Questa volta è Pesti a denunciare
tutti i sindaci e la Regione Siciliana per incolumità civile.
Interviene all'appello il presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi e finalmente, il 6 gennaio del 2006, dopo 25 anni di battaglie,
viene riconosciuto il Parco di Fiumara d'arte, aiutato dal Governo
regionale che ha approvato l'istituzione del percorso turistico
culturale di Fiumara d'Arte (Legge Regionale 6106 dal titolo "Valorizzazione
turistica-Fruizione e conservazione opera di Fiumara d'Arte"
a firma dell'On.te Nino Beninati e dell'On.le Salvo Fleres). La
parola "fine" di questa vicenda, sigilla non solo l'impegno
di una vita ma afferma soprattutto una vittoria "politica"
dell'arte, una vittoria della forza dell'esistenza. |
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FIUMARA
D'ARTE SBARCA A CATANIA
LA RINASCITA
«Ogni
apparire è imperfetto - direbbe Greimas - esso nasconde l'essere....».
E quell'imperfezione è un trampolino, un viadotto, una strada
che dall'insignificanza porta al senso. Si è concluso con
una grande festa, dopo undici lunghi anni, quel viaggio negato e
immaginario, quella ricerca del senso , appunto, che non a caso
aveva scelto come simbolo una barca che partì dalle viscere,
dal cuore della terra del Mito, dall'Isola di viaggiatori per antonomasia,
manifestando, appieno, la forza e il significato del silenzio, e
dell'attesa.
A simboleggiare l'eternità dell'idea e dell'arte, a sottolineare
il potere della pazienza e la sapiente scelta ciclica del non essere,
Hidetochi Nagasawa e il suo «Trovatore», Antonio Presti,
per rinascere e rendere compiuta quell'opera fermata dai paradossi
della burocrazia e delle regole, hanno scelto il laghetto dei Mercati
Generali, a Catania.
Da
contrada Romei, dunque, a Mistretta dopo aver posto i sigilli alla
sotterranea Stanza di barca d'oro,
l'opera d'arte più volte processata per abuso, è stata
finalmente assolta. Ha compiuto il suo ciclo, ed è approdata
ad un gruppo scelto di vip e cultori dell'arte sottolineando il
riscatto, la metafora orientale del viaggio sull'acqua e la sua
massima sull'esistenza invisibile, il limite tra apparire ed essere,
tra interiori ed esteriore.
Sabato 17 giugno 2000 a Catania. E' affiorata nella notte,
trasformandosi nelle 49 barche luminose
divenendo multipla e rendendosi manifesta a tutti con sette grandi
canoe dorate, (il 7 è un numero sacro), che, a loro volta
dentro il loro ventre, ne contengono ciascuna altre sette. 49, in
tutto, è cioè rinascita, secondo l'antica cabala.
Si è svolto così l'attesissimo happening catanese,
in un'ambiente incensato, ricco di stimoli sensoriali, in mezzo
agli aranci, ai gelsomini e ai fichi d'India, a lume di candela,
sul ritmo di tamburi di Jean Jeaques Lemetre, del Theatre du Soleil.
In un'atmosfera zen, essenziale e mistica, al tramonto, si sono
ritrovati decine di critici d'arte e giornalisti, intellettuali
e artisti provenienti da tutto il mondo. Per celebrare l'approdo,
la rinascita appunto, e la definitiva conclusione dell'esperienza
di Fiumara d'Arte, a Castel di Tusa, da parte di Presti e del giapponese
Nagasawa.
QUARANTANOVE
BARCHE SOSPESE TRA LA MEMORIA E LA LUCE
Nell'intervista
di Daniela Ferraria, il maestro Hidetochi Nagasawa illustra la rinoscita
della Stanza di Barca d'Oro ai Mercati Generali di Catania.
Dopo più di 10 anni, si chiude la "Stanza di Barca
d'oro", un'opera rimasta incompleta, mancava un ultimo gesto
finale?
L'Opera doveva essere chiusa dopo essere stata vista, questa era
l'idea iniziale. Ora si può compiere finalmente questo gesto
che è rimasto sospeso per molti anni.
Con questo viaggio simbolico da Tusa a Catania, accompagni Antonio
nel suo spostamento?
Dopo la chiusura, quest'opera ha un suo percorso, un viaggio autonomo.
La nuova opera che realizzerò avrà una sua diversa
vita.
Il viaggio è un elemento molto importante della tua vita?
Ci sono tre tipi di viaggi diversi: uno comprende un'idea di spostamento
di luogo, come nel significato generale viene inteso. Il secondo
può essere la vita stessa che è un viaggio. Il terzo
è la ricerca di un'idea ed è questo per me il viaggio
più importante, non c'è un percorso stabilito e molto
stimolante, ma è pericoloso perchè non sappiamo partendo
dove stiamo andando e se poossiamo tornare. Le tre idee di viaggio
possono essere vissute anche contemporaneamente.
Questo nuovo lavoro avrà come soggetto sempre il tema della
barca, dall'invisibile al visibile, ora le barche riprenderanno
la loro funzione e galleggeranno sull'acqua.
La barca è una metafora, quando io realizzo un'opera con
un materiale, la parte più importante è quella che
non si vede.
Ritroviamo
la tua poetica, ancora un miracolo di equilibrio, un'idea di tensione
e di precarietà, ancora il tema della percezione dei sensi?
Ogni fenomeno dell'universo nasce come un'onda di interferenza tra
il tempo presente ed il tempo passato, oppure il tempo presente
ed il tempo futuro. Cioè un flusso che influenza anche a
ritroso il presente che può influenzare il passato. Vorrei
dire che non c'è il tempo.
La luce generata all'interno stesso delle barche oltre a rendere
possibile la visione ha un significato simbolico?
L'acqua continua la memoria, l'olio e l'aria creano la luce. Quarantanove
barche sono in equilibrio all'interno delle sette barche grandi
che si muovono sulla superficie del lago. Spero che queste barche
vivano e fluttuino rimanendo nella vostra mente. Chiedo forse troppo?
Hai già pensato ad un titolo per questa nuova opera?
Sto pensandoci, verrà il nome quando l'opera avrà
preso corpo, anche ad un bambino si da il nome quando è.
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Casa
dolce casa
Intervista a Paola Nicita
La casa rappresenta lo spazio privato invalicabile, il grembo di
mattoni e cemento nel quale ciascuno cerca rifugio e protezione.
Non solo è l’immagine concreta dell’accoglienza
e l'intimo deposito in cui posizionare e sovrapporre oggetti e ricordi,
ma essa costituisce anche la rappresentazione simbolica della propria
identità psichica e sociale. É cioè uno spazio
destinato ad interagire con la "persona" -intesa nel duplice
significato di individuo e di maschera sociale- e con la sua storia,
e che, sebbene nasca in funzione di necessità abitative,
tende a travalicare scopi ed esigenze contingenti, originando complesse
relazioni tra soggetto, spazio e memoria.
La casa costituisce quindi la dimensione privilegiata per svolgere
una riflessione sul nostro rapporto con il luogo e i significati
che ad esso siamo soliti attribuire.
In una realtà sociale contemporanea in cui la tipologia del
'non-luogo' -con il suo seguito di sperdimento e spersonalizzazione-
sembra conquistare anche l'ambito domestico, si impone la necessità
di ri-costruire e ri-scoprire una dimensione originaria dei luoghi,
anche operando dei salutari mutamenti di prospettiva, mettendo in
gioco funzioni e funzionalità.
Stesicorea, la casa dove ogni singola stanza, ispirata ad una poesia,
è realizzata da un artista (ma alcune anche in coppia o in
gruppo) rappresenta quindi la problematizzazione del rapporto tra
arte e luogo, che si attua mediante la presa di coscienza del possibile
ribaltamento causato dal passaggio dalla dimensione privata a quella
pubblica.
L’arte è la presenza che ha consentito questo capovolgimento,
consegnando idealmente le chiavi di casa al pubblico, aprendo le
porte a visitatori sconosciuti, e porgendo il benvenuto con il calore
di una intimità rivisitata nel segno della creatività,
che qui si trasforma in possibilità di scoperta e conoscenza.
E’ come se, improvvisamente, all’interno degli spazi
della casa, si specchiasse l’antico teatro greco che si trova
proprio di fronte ad essa, trasferendo nel chiuso dell’appartamento
l’idea corale di incontro, sia tra la gente del pubblico,
che tra spettatori e attori, che è propria della scena. Non
è un caso, dunque, che gli artisti si siano ispirati ad una
poesia per le loro opere: la parola, vivificatrice, torna a riecheggiare
in luoghi già conosciuti, risvegliandoli e intrecciando legami
senza tempo, che conducono tra l'altro a riscoprire una dimensione
della socialità e della condivisione di valori anche estetici.
La casa fagocita lo spazio circostante, ne risucchia icone e simulacri
cittadini, del presente come del passato, instaurando un continuo
dialogo tra 'interno' ed 'esterno', tra ‘pubblico’ e
‘privato’.
E questo si presenta del tutto in linea con una tendenza molto evidente
dell'arte contemporanea degli ultimi decenni per la quale lavorare
all’interno di un ambiente chiuso, trasformandolo, risulta
essere una forte esigenza espressiva. Lo spazio non è più,
quindi, il luogo finalizzato esclusivamente alla fruizione dell'arte,
ma esso stesso si propone quale fondamentale elemento semantico.
Il modo tradizionale di rapportarsi all'opera d'arte si è
così modificato, affrancandosi dalla ‘frontalità’
che per secoli l'aveva soggiogato, svelando, accanto a inedite possibilità
espressive, una nuova dimensione emotiva.
Non è quindi un caso che il tema della casa costituisca uno
degli argomenti centrali della riflessione dell'arte contemporanea,
e non tanto per il dato architettonico in sé, ma soprattutto
per il suo essere contesto paradigmatico dell'interazione tra individuo
e società, tra spazio vitale e dimensione psichica. Tra i
casi più eclatanti pensiamo ad esempio a Guillame Bijl, artista
belga che in una grande sala del museo di Gent ha trasportato una
povera abitazione contadina a dimensione reale, perfettamente arredata,
nella quale l'osservatore può entrare visitando ogni stanza,
con la sensazione colpevole di violare indebitamente l'intimità
di qualcuno che si è allontanato da poco. Umili oggetti e
odori casalinghi sono indizi evidenti di una presenza umana -in
realtà solo apparente- e ciò trasmette una sensazione
di estraniamento, che porta alla presa di coscienza del carico di
simbolismi che leghiamo alla casa e che spesso la reiterazione dell'esperienza
quotidiana personale tende inevitabilmente a sottacere. Molto scompiglio
ha causato inoltre a Londra il lavoro dell'artista Tracey Emin,
che ha ricontestualizzato in una sala destinata all'esposizione
pubblica, la propria stanza da letto, nel più totale disordine
e con elementi strettamente personali, creando così scandalo
con un'operazione di pubblicità degli aspetti più
scabrosi della propria intimità domestica. "House"
è invece il titolo della grande scultura di Rachel Witheread,
calco in gesso a dimensione reale degli spazi interni di una casa
di tre piani, poi abbatuta durante una clamorosa performance.
Ma Stesicorea si presenta, nella sua sperimentalità, come
un progetto dai connotati totalmente diversi. Non è certamente
lo scandalo la scintilla che la anima, ma piuttosto l'idea di trovare
nuove impostazioni a rapporti ormai sfibrati tra spazio e individuo,
tra cose e valori.
Ricostruire un luogo, come hanno fatto questi artisti, significa
certamente agire materialmente sullo spazio, ma soprattutto modificare
radicalmente e in modo profondo la stessa relazione tra arte e società,
e gli schemi ormai frusti sulla base dei quali si svolge la fruizione
dell'opera creativa stessa. Offrire la propria casa all'arte e offrire
arte nella propria casa, al pubblico indistinto, presuppone l'adesione
ad una concezione dell'arte come etica della condivisione di valori
sociali oltre che estetici. L'opera d'arte non è contenuta
nella casa, e come tale esposta ai visitatori, ma è la casa
stessa, nei suoi spazi interni, con i suoi contenuti, ad essere
opera d'arte, e la visita incessante del pubblico che si reca in
una casa privata a fruire dell'arte, non fa che contribuire a sottolineare
la forza e la pregnanza dell'alterazione ormai compiuta su certi
schemi precostituiti e ormai superati. Anche sul piano della metodologia
della realizzazione di Stesicorea, emerge la peculiarità
di una idea della progettualità caratterizzata da un modificato
assetto consequenziale, per cui l’idea progettuale non nasce
più dal susseguirsi di eventi posti in successione, l’uno
prima o dopo l’altro, ma secondo un tempo nuovo, dove i frammenti
sono legati e al contempo autonomi, e procedono l’uno accanto
all’altro, parallelamente, piuttosto che consequenzialmente.
Le stanze degli artisti (Gianfranco Anastasio, Davide Bramante,
Andrea Buglisi, Rocco Carlisi, Giulia Di Natale e Claudio Montaudo,
Giovanni Lo Verso, Lidia Rizzo, Enzo Rovella, Enrico Salemi, Giovanni
Tuccio, e il gruppo costituito da Antonio Presti, Maria Attanasio,
Gianfranco Molino e Gianna La Rosa), parlano al pubblico con linguaggi
differenti e si presentano come visioni molteplici.
Pur nella contiguità, le stanze sono l’una indipendente
dall’altra, e ciascuna, allo stesso tempo, è parte
fondamentale di un progetto aperto e mutevole.
Queste stanze verranno distrutte ad un anno dall’inaugurazione
della casa, così come del resto è già avvenuto
per altre stanze d'artista, una prima volta. I lavori verranno fotografati
e filmati, ma poi sarà proprio la stratificazione di questo
archivio documentale in progress a creare una ulteriore opera, una
casa immaginaria dalle opere ormai scomparse, eppure -si potrà
poi dire “un tempo”- visibili ed esistenti, la cui percezione
sarà affidata solo al ricordo.
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