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GIUSEPPE MIGNECO


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Note biografiche L'incanto di un racconto

a cura di Anna Maria Ruta

Non ho una storia, una storia che possa interessare,
che debba essere raccontata a tinte forti.
(Giuseppe Migneco)

È difficile ricostruire nei dettagli la vita, in fondo semplice, di un uomo taciturno, solitario, schivo e talora scontroso come Giuseppe Migneco, non mondano, né à la page, timido e insicuro, alieno dal parlare di sé. "Non ho una storia che possa interessare", diceva lui stesso di sé. Raffaele Carrieri nel 1960 si meraviglia, ma ammira come dato positivo il suo parlar poco (dieci parole un discorso), a bassa voce, quasi con contrarietà, e sottolinea la sua discrezione, il suo riserbo. In un interessante articolo-intervista, apparso nel "Giornale di Sicilia" nel 1981, lo stesso Migneco dichiara a Giuseppe Quatriglio: "Riconosco di non essere quel che si dice un tipo mondano, di allegra compagnia, di conversazione brillante, di battuta pronta, uno di quelli che attirano simpatia immediata; purtroppo sono tutto il contrario di ciò, vale a dire, tutto il contrario di quel che mi sarebbe piaciuto essere: che la mia timidezza e insicurezza siano scambiate per scontrosità, la mia scarsa comunicativa mi faccia considerare un solitario, la gelosa cura che metto nel nascondere la mia vita privata e i miei sentimenti, un mitico e un misterioso, che mi veda insomma, restituite abbellite e circonfuse da un'aureola di caratteriale 'stranezza' qualità che, per conto mio, considero solamente e semplicemente negative, ti debbo confessare che non mi dispiace". E Carrieri insiste meravigliato di non avere mai ricevuto da lui, in vent'anni di rapporti, una telefonata né un biglietto e che gli inviti alle sue mostre, i suoi cataloghi gli siano arrivati solo per posta. Dieci anni dopo, nel 1971, osserva quasi per sé stesso: "Quando lo vedo passare, agile, leggero, con i piedi sicuri e il busto eretto, distratto e imbronciato il più delle volte, col viso segaligno tagliato in due dai baffi castani-biondicci come un piccolo allevatore di cavalli, mi ricordo di certi tipi che apprezzavo da ragazzo: un fantino, un marittimo, un acrobata di bastimento a vela". Timidezza di meridionale di fronte al grande Nord? O doti caratteriali, che volle conservare integre come segno distintivo della sua persona e del suo modo di essere? Ma il suo silenzio può giustificarsi, se si pensa che il suo vero linguaggio è quello della pittura, in lui si esprime a volte anche in modo ossessivo e alienante.
Nel suo iter esistenziale ci sono coincidenze, intrecci, illuminazioni, che, se sottolineati, ne svelano la vivacità e la complessità. Coincidenze reali e a volte volute, a partire dalla data di nascita, che qui si chiarisce una volta per tutte: è noto che Migneco nasce a Messina, secondo di sei figli, il 19 febbraio 1908, uno di quegli anni che cambiano le traiettorie della storia per la straordinarietà di accadimenti, che determinano improvvise e brusche deviazioni di percorso e di prospettiva, l'anno del terremoto, il 28 dicembre, un evento tragico e sconvolgente, che modificò in toto il volto della città dello Stretto e le sue sorti e anche realmente l'anno di nascita di alcune grandi personalità che di Migneco furono amiche e confidenti: Giulio D'Anna (30 agosto) e Vittorini (23 luglio).
In realtà, Migneco nasce nel 1903 — è ora di affermarlo — e una leggenda metropolitana racconta che a Milano, sentendosi più anziano di tutti gli amici che frequentava, un giorno mutò in 1908 il "3" del 1903, dando vita così alla riflessione sulle tante coincidenze di questa data. Con il futurista D'Anna Migneco non ha il tempo di incontrarsi a Messina, perché nel 1931, anno della prima mostra di D'Anna alla Galleria Vittorio Emanuele, inaugurata il 22 febbraio da F.T. Marinetti, è già a Milano, in fuga da una realtà che non gli consente di conoscersi veramente e di conoscere. Con D'Anna diverrà poi amico nel dopoguerra durante le sue frequenti visite nella città natale. Da fanciullo e da adolescente Migneco vive con la famiglia a Ponteschiavo, una piccola stazione nei pressi di Giampilieri, vicino Messina, di cui il padre Vincenzo, fine poeta soprattutto in dialetto siciliano, è capostazione (Il capostazione di Ponteschiavo, 1939, La ferrovia, L'ultima stazione), come i padri di Salvatore Quasimodo e di Elio Vittorini, un'altra strana coincidenza nella sua vita e nella storia della cultura messinese degli inizi del XX secolo. La madre, maestra elementare, muore giovane, quando Giuseppe ha appena dodici anni. A Ponteschiavo, il ragazzo trascorre gli anni più belli della sua vita, libero, in rapporto diretto con la natura, tra il greto di un torrente, in cui diviene "il più abile cacciatore di lucertole del circondario", l'azzurro del pescoso mare siciliano, di fronte alle isole Eolie e la verde campagna, allora ancora popolata da mitici contadini di ogni età, che vi vivevano un'esistenza faticosa sì, ma anche allietata dai riti ritmicamente scanditi del lavoro comune e da autentici rapporti umani. "Si mangiava presso le rotaie, sotto i grandi alberi, e i treni che passavano erano tutta una frenesia di mani che salutavano", scrisse più tardi Migneco e fissò pure quella scena in un quadro. Questi ambienti, questi uomini, questi anni ritorneranno spesso come un rovello nella sua memoria, nei giorni milanesi, quando il sole e i colori mediterranei tenteranno, almeno con la forza lirica del ricordo e sulla tela, di disperdere le nebbie del Nord.
"La Sicilia — confesserà più tardi al giornalista Giuseppe Quatriglio — è per me quello che è per Fellini la Romagna, per Carrà la Versilia, per Van Gogh la Provenza, per Picasso la Spagna, non necessariamente dunque il paese dove si è nati, ma quello dove le proprie radici hanno trovato l'humus più adatto alla loro vita e al loro sviluppo"'. La Sicilia non sarà mai nella sua opera né folklorica né aulica, mitica sì e arcaica, sofferente e incorrotta, una Sicilia forse già allora in sé inesistente, ma come per Sciascia e per altri metafora della condizione umana, e lui sarà "il più inconfondibile tra i meridionali di Milano"'.
Quindi l'adolescente Migneco da Ponteschiavo torna a Messina, per frequentarvi il Liceo Ginnasio Maurolico, dove studia anche Beniamino Joppolo, mentre all'Itc Jaci studiano Giorgio La Pira, Quasimodo, Salvatore Pugliatti. Al Maurolico, dopo qualche bocciatura, consegue la maturità classica e vive le sue prime esperienze culturali e artistiche con Joppolo, Faranda e Bozzi, ma la provincia non ne facilita certo la crescita. Comincia però a dipingere — è la sua naturale vocazione — non a olio, ma a tempera e ad acquerello e lo fa col fratello Angelo, pittore e pubblicista, che collabora con alcune importanti riviste italiane: a lui ruba spesso i colori per giocare con la pittura, come confessa nel 1970. Ma due pittori in casa sono troppi e per lui il padre sceglie un altro destino. Sarà invano. Da Messina, punta estrema dell'isola naturalmente protesa verso il Nord, i giovani letterati e artisti emigrano presto di preferenza a Milano, mentre Roma è meta ambita più dai palermitani e in genere dai siciliani d'Occidente. A metà degli anni Venti si proietta, quindi, in treno, nella grande Milano industriale, per frequentarvi la facoltà di Medicina, ma le sue apparizioni nelle aule sono sporadiche. Una grande città quale è allora Milano, l'unica città italiana protesa verso l'Europa, spesso anticonformista, tesa al nuovo e pullulante di fermenti di ogni genere, gli suscita un groviglio di sentimenti, di emozioni, di incertezze, di smarrimenti. E, pur se sa già che il suo destino è la pittura, sono l'incontro con Beniamino Joppolo, intellettuale di spessore europeo, e poi l'amicizia con Birolli a infiammare una miccia già accesa, incoraggiandolo a perseguire la sua vera vocazione e a lasciarsi alle spalle l'università e la fa
coltà: un medico in meno, ma un artista in più. Scriveva Renato Giani 1963: "Seppure restino siciliani fino in fondo, i migliori operano solo fuori dei confini della loro regione a Roma, a Milano, a Torino, Parigi, New York, Londra... Ad ogni nome corrisponde una personale vicenda e avventura — e quasi una geografia: per Guttuso la Sicilia d'abord e poi Milano e Roma e poi ancora Velate sopra Varese, per Migneco la Sicilia e Milano...", come per Quasimodo, Vittorini, Canonico e altri. Il padre, che pure è molto tenero con lui e che fa non pochi sacrifici per mantenerlo, gli taglia i viveri e, per sopravvivere, Migneco cerca di darsi da fare: crea bozzetti pubblicitari per una ditta di cravatte, ritocca rotocalchi, tra cui il "Corriere dei Piccoli", negli stabilimenti della Rizzoli di via Carlo Erba e della Pizzi & Pizio, lavori in cui forse non poco entra la vena artistica di famiglia: il già ricordato fratello Angelo è noto come pungente vignettista (è presente, tra l'altro, come tale su un numero speciale del "Settebello" nell'estate del 1935)". "Ho dipinto perché mi è sempre piaciuto farlo — confesserà Migneco — perché mi diverte, mi libera dalle angosce e non so fare altro".
Anni travagliati questi di Milano, confortati solo dai nuovi amici con cui viene a contatto attraverso Joppolo: Birolli, Sassu, Valenti, De Grada, Treccani. Fa perfino l'attore comico recitando scenette da lui stesso ideate e scritte.
Abita subito per brevi periodi in varie case (via Parmigianino, via Polesine), quindi in case più grandi, in via Chiaravalle e in via Antonini, nei pressi di via della Spiga, vicino a una famosa casa di tolleranza. Inizialmente aveva un solo lettino, che lasciava a Speridovna (detta Speri) Pattilega, la ragazza romagnola che sarebbe diventata sua moglie e quindi qualche tempo dopo, anche alla figlia Grazietta, nata nel 1929, mentre lui dormiva su un materasso sulla porta d'ingresso sfilata dai gangheri e rialzata da terra con dei mattoni. Lo strano nome russo Speri lo aveva avuto dal padre, che al momento della sua nascita era affascinato dalla lettura di un romanzo russo, un cui personaggio aveva questo nome. "La fame fu molta, il caffellatte era una benedizione", raccontava dopo, in anni di opulenza. Più di una volta con la sua compagna erano stati costretti a mangiare solo un panino su una panchina nei giardini pubblici. Quando vendeva un quadro, correva subito a comprare un chilo di carne e un fiasco di vino. Comincia a dipingere quadri autobiografici ed esistenziali. Con indosso maglioni per lo più di lana pelosa, come un soldato in licen za di convalescenza, con certe strane giacche e certi pantaloni da "ergastolano-dandy", che diventeranno una sorta di sua divisa e che in molti gli invidieranno per il particolare taglio, come gli invidieranno certi baschi scozzesi. Si aggira nel tempo libero tra Brera, Fiori Chiari e Fiori Oscuri e insieme agli amici vive tra caffè (il Craja, il Cova, Le Tre Marie, il Savini), osterie, studi d'artisti e prime gallerie, spronato a pensare e a conoscere: il clima generale è di entusiasmo per la sperimentazione e la ricerca di contatti, fervido di relazioni. Nel 1936 è presente con Composizione nella VII Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Lombardo, cui parteciperà consecutivamente fino al 1941. Nel tempo libero con gli amici diffonde materiale propagandistico contro il Regime, e lo fa diffondere nei paesi dello Stretto; nel 1937 viene prelevato dagli agenti dell'Ovra e rinchiuso per un mese a San Vittore. I collegamenti politici tra Milano, Roma e la Sicilia vengono, comunque, ben tenuti anche da De Grada e Guttuso. L'impegno etico ed esistenziale del padre convinto antifascista gli era stato d'esempio. Nel 1935 è in carcere per antifascismo a Messina anche l'amico Joppolo, poi nel 1937 in residenza vigilata, quindi ancora arrestato. Nel 1938 il diciottenne Treccani, in un'osteria, fonda la rivista "Corrente di Vita giovanile", da cui il movimento di Corrente e la Bottega di Corrente in via della Spiga, che darà ai giovani artisti la possibilità di farsi meglio conoscere. Nella prima e nella seconda mostra della Bottega, organizzate nel marzo e nel settembre del 1939, rispettivamente al Palazzo della Permanente e alla Galleria Grande, Migneco espone, nella prima, Cavallerizza e Pagliaccio, Fiori secchi, Paesaggio, Pianista, Vagabondi che riposano, nella seconda Bevitore, Grazietta e il gatto, La fossa dei lebbrosi, Massaie ubriache, Ragazzi sotto il fico.
La sua prima personale, con presentazione in catalogo dell'amico Beniamino Joppolo, Il pittore Migneco, può realizzarla fuori Milano, nel 1940, alla Galleria Genova della capitale ligure, dove espone pure Guttuso, che nel frattempo ha abbandonato anche lui dopo solo un anno la facoltà di Giurisprudenza. Migneco vende il suo primo quadro, Massaie ubriache, per 700 lire: a Genova c'è un collezionista mecenate di straordinaria intuizione e sensibilità, Alberto Della Ragione. Nello stesso 1940, nel settembre-novembre, partecipa al II Premio Bergamo al Palazzo della Ragione con Pastori dell'isola. Nel gennaio 1941 un'altra personale gli viene organizzata dalla Bottega di Corrente, dove pure nel giugno-luglio entra in una collettiva, e nel settembre-ottobre sempre del 1941 partecipa al III Premio Bergamo con I prelati che battezzano, dipinti entrambi acquistati dal Ministero dell'Educazione Nazionale e oggi alla Galleria d'Arte Moderna di Roma. Nel settembre-ottobre 1942 espone al IV Premio Bergamo, accanto alla Crocifissione di Renato Guttuso, Cacciatori di lucertole.
In quest'anno Joppolo pubblica, per le edizioni di Corrente, L'ultima stazione e Vittorini Conversazione in Sicilia, uno straordinario libro che interpreta liricamente la Sicilia e in cui ancora una volta il treno e la strada ferrata hanno ampio spazio, e non più futuristicamente parlando. L'ultima stazione è la prima prova teatrale di Joppolo, nella cui rappresentazione andata in scena il 25 e 26 giugno del 1941 al teatro del Palazzo dell'Arte si cimentano molti degli artisti del gruppo: Birolli, amicissimo di Joppolo, Gauli, Treccani, Morosini e lo stesso Migneco. Vi recitano anche Franco Parenti e Giorgio Strehler per la regia di Paolo Grassi e la scenografia di Piero Gauli. Forse non a caso protagonista della piéce è un capostazione, come il padre dell'artista, Vincenzo. Nel 1968 poi, in La doppia storia, una sorta di romanzo autobiografico, sempre Joppolo, ricostruirà la vita del gruppo e l'atmosfera degli anni Trenta a Milano dando nomi fittizi ma riconoscibili agli amici: lui è Giacomo, Migneco è Peppino e Peppe, Birolli Tirolli, Guttuso Luttuso, Sassu è Alisio, Italo Valenti Talenti, Giuliano l'amico comune a lui e a Migneco, Giulio D'Anna.
Nel 1942 il Centro d'Azione per le Arti di Palermo, il terzo sorto in Italia dopo Milano e Genova, voluto da Bottai, organizza nel Teatro Massimo, sotto le direttive di Roberto Salvini, la mostra Ventuno Artisti Italiani, inaugurata il 23 luglio da Stefano Cairola. Tra gli artisti figurano Birolli, Mafai, Menzio, Paulucci, Tosi, De Grada, Severini, Rosai, De Pisis, Casorati, Guttuso e Migneco con Gli sposi e Bambina dal cappuccio. Ancora nel 1942 espone alla Galleria della Spiga. Poi interrompe il suo lavoro artistico, perché richiamato alle armi: viene mandato, però, come sottotenente a Brescia, non troppo lontano da casa. La guerra disperde il gruppo di Corrente: Levi è mandato al confino nel 1935 e a San Vittore nel 1937, Badodi muore in Russia, Bini in un bombardamento a Bologna, Sereni viene fatto prigioniero in Africa, Grosso viene mandato al confino, Labò fucilato a Roma.
Nel 1943, tuttavia, filosofi, critici, letterati, artisti e cineasti, tra cui Luciano Anceschi, Enzo Paci, Vittorio Sereni, Creste Macrì, Giansiro Ferrata, Alberto Lattuada, cominciano a vivere una comune atmosfera di rinascita e di libertà. I contenuti di un loro Manifesto hanno una certa influenza sulla nascita del Fronte Nuovo delle Arti.
L'8 settembre del 1944, ancora in armi, Migneco viene nascosto da un amico.
Dopo la guerra, nel 1945, crea alcune tempere con scene di guerra partigiana, che oggi si trovano al Museo della Resistenza di Caldarola, in provincia di Macerata, e ritorna ad avere una personale alla Galleria Santa Radegonda di Renzo Bertoni, cui Migneco nel 1944 ha fatto un intenso ritratto, così come altrettanto interiorizzati sono quelli del 1941 dell'amico Arnaldo Badodi e del 1951 del poeta conterraneo Salvatore Quasimodo.
Da allora il suo vero studio a Milano, in cui dipinge le sue cose più incisive e che ama di più, è quello di via della Spiga 9, tra corso Venezia e via Manzoni, vicino a San Babila e Montenapoleone, il cuore della città, tra i negozi di un fruttivendolo e di un calzolaio, in una grande mansarda fra i tetti di un'antica casa, un vero atelier con ventilatori, stufe, specchi e quadri, tanti quadri, cui si accede attraverso i tre o cinque piani di una scala alta e stretta (centocinquanta scalini)". Alle pareti una zampogna siciliana a tre canne e due paladini dell'Opera dei pupi. La zampogna, il marranzano, la chitarra: Migneco amava e frequentava la musica, ma impazziva soprattutto per il jazz e per Armstrong, in particolare: aveva pacchi e pacchi di dischi sparsi nel suo studio. Alla fine del 1945, un mercante d'arte lo invita a dipingere un paesaggio alla Van Gogh: il nostro chiede un compenso di tre milioni e dipinge una tavola, non firmata, che viene venduta prima a vari collezionisti e poi esposta, per qualche tempo, al MoMA di New York accanto ai veri Van Gogh. Perfino Renato Birolli, dopo averla vista, aveva dichiarato: "Non mostratela a Migneco: quello ci prenderebbe una cotta".
Nel 1948 viene rilanciato da una mostra, che ha molta risonanza, organizzata da Cardazzo alla Galleria del Naviglio, dove però vende solo tre o quattro quadri con il cui ricavato riesce appena forse a pagare le tele e i colori: è l'anno però della rinascita, che lo vede presente per la prima volta con una sola opera, Venditore di pesci, sia nella V Quadriennale Nazionale d'Arte romana, dove esporrà fino al 1960, per riproporsi poi dopo anni solo nel 1986, sia nella XXIV Biennale d'Arte di Venezia, in cui pure esporrà nel 1950, nel 1952, nel 1954 fino al 1958 — anno in cui otterrà una sala personale. Qui, proprio nel 1948, certamente vede la rassegna retrospettiva di Picasso e nel 1950 i quattro grandi della pittura messicana Orozco, Rivera, Siqueiros e Tamayo, che rappresentano il loro paese alla Biennale di Venezia.
Per la VI Quadriennale Nazionale del 1951 e 1952 è tra i firmatari della lettera scritta al Caffè Rosati e rivolta, alla vigilia dell'inaugurazione, al presidente della rassegna e al ministro della Pubblica Istruzione, con cui molti artisti invitati chiedono che la spesa pubblica abbia come destinatari gli artisti viventi e non le retrospettive o le mostre storiche, cosa già più volte sottolineata e richiesta anche dai futuristi. Negli anni Cinquanta il ritorno nella sua Sicilia: il rapporto con l'isola in questi anni e in quelli a venire si intensifica e l'artista vi compie frequenti viaggi, sentendosi ormai capito e valorizzato. Lo si vede spesso alla Libreria D'Anna, uno dei centri più vivaci di raccolta degli intellettuali della città, frequentato da Galvano Della Volpe, da Giuseppe Debenedetti, Bartolo Cattafi, Lucio Piccolo e ancora da Pugliatti, Valgimigli, Joppolo, Vann'Antò, Stefano D'Arrigo e tra gli artisti Mazzullo, Guttuso, Canonico. Messina vive in questi anni Cinquanta e Sessanta una nuova rinascita culturale, che la vede organizzare una serie di notevoli iniziative e mostre di carattere internazionale, che la pongono al centro dell'attenzione.
Nel 1951 vince il premio acquisto collaterale dell'Aapit, l'Ente Provinciale del Turismo, di Messina con Paesaggio di Cannistrà, oggi nella collezione della Galleria Provinciale della città e nel 1953 partecipa alla rassegna Strade d'Italia - Premio Esso, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Vincitore di molti premi, nel 1955 Migneco suggerisce al sindaco di Capo d'Orlando con Guttuso l'idea di una mostra e di un premio, che possano contribuire a vivacizzare e a incrementare il turismo nascente della cittadina. Nasce così il Premio Vita e paesaggio di Capo d'Orlando, in cui bisognava esibirsi en plein air e cui partecipa nel 1956 con Ulivi a San Gregorio. il momento dei paesaggi, pochi in verità, perché Migneco il vero paesaggio lo esprime nei contorni dei suoi dipinti, creando un intimo rapporto tra uomo e natura: possono citarsi forse, con Paesaggio di Cannistrà e Ulivi a San Gregorio, Case di Messina o La ferrovia, paesaggi tutti intorno alla sua città, in cui la rappresentazione di strade, case e alberi nel dettato autobiografico sfiora quasi il naif.
Nel 1962 partecipa fuori concorso a II Chiodo d'oro, premio della I Mostra nazionale di pittura del piccolo formato (16 dicembre 1962 - gennaio 1963), indetto dalla Galleria II Chiodo di Palermo. Nel 1964 l'agognato viaggio in Russia e in Ungheria con l'amico Gianni Dova, con Minguzzi e rispettive mogli. Nello stesso anno non può andare a New York per la sua personale, perché gli viene negato il visto in quanto iscritto al Partito comunista. Visita invece altre grandi città d'Europa, dove vengono organizzate sue mostre: Londra, Stoccarda, Berlino, Monaco di Baviera, Amsterdam.
Tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta, quando passavano da Milano, lo andavano a trovare anche Luigi e Rita Di Piazza, che nel 1966 avevano messo su a Palermo la bella Galleria La Robinia, che per anni offrì ai palermitani l'opportunità di conoscere molti dei più importanti artisti italiani e stranieri del momento.
Nel 1970 trasferisce lo studio in via del Senato, in uno dei più moderni palazzi della zona, un locale con grandi finestre, dove incontra gli amici e uno in particolare, cui si è molto legato, un altro siciliano come lui, il palermitano Mario Bardi, anch'egli emigrato in Lombardia, con cui ogni giorno trascorre molte ore in piacevoli confidenze. Non fu mai, invece, molto amico dell'altro messinese, che nel 1958 si era trasferito a Milano, Felice Canonico, forse perché allora astrattista e con direzioni artistiche opposte alle sue. Di Joppolo, invece, ormai spazialista in pittura, continua a essere amico. Proprio nel 1970, dall'11 al 27 maggio, i Di Piazza organizzano una sua personale con diciassette dipinti, Giuseppe Migneco, con introduzione in catalogo di Leonardo Sciascia, e nel 1975 espongono le belle tempere che illustrano quindici liriche di poe-sia contadina pubblicate nel grande volume edito da La Nuova Foglio di Macerata, Poesia contadina russa, con prefazione di Davide Lajolo, oggi una vera rarità bibliografica.
Nel 1976 partecipa con Festa di paese, a Messina, alla mostra La Tavolozza d'oro, nella Galleria II Fondaco, annessa alla Libreria dell'Ospe di Antonio Saitta, che assegna un premio agli artisti siciliani presenti nelle Biennali veneziane e nelle Quadriennali romane: Migneco non vincerà mai La Tavolozza d'oro. Nello stesso anno espone alla I Mostra Nazionale del Sacro nell'Arte Contemporanea, organizzata nei saloni del palazzo arcivescovile di Palermo, mostra che lo vede in compagnia di Cantatore, Greco, Guttuso, De Chirico, Cagli, Fontana, Scipione, Pirandello, Rouault.
Nel 1980 lo colpisce la tragedia di Vermicino, che rappresenta con aggressività espressionistica. Intanto coltiva piante siciliane nel suo balcone e, ormai ricco, va in giro, come qualcuno lo ricorda, con molte mille lire accartocciate in tasca, con cui però offre spesso agli amici la cena all'osteria. In estate c'è la villetta, in Versilia, fra i pini, a Forte dei Marmi, da cui traggono spunto le varie vedute di Riomaggiore, una delle splendide Cinque Terre, in cui certo faceva frequenti passeggiate. Ha qui uno studio sul retro, rispetto all'ingresso, in un locale ampio, con poltrone in vimini che hanno la forma tipica delle nasse per la conservazione delle aragoste, da qualche parte sempre una chitarra. Cerca una nuova dimora in Brianza, "perché in Brianza si erano trasferiti gli amici Morlotti, Treccani, Cassinari e Sassu". "Ma adesso non c'è più nessuno", lamenta in un'intervista del 1984". In quella casa, nei pressi di Barzanò voleva ricreare un angolo di Sicilia, desiderava un bel muro a secco, come si usa nel Ragusano e invece gliene fanno uno liscio, levigato. "Nel giardino — racconta — passa un piccolo ruscello e sul fondo ho voluto deporre dei granchi d'acqua dolce: ricordo che da bambini andavamo a pescarli, e anche delle rane, che cantano così forte di notte, ma per l'inquinamento non hanno resistito. Però, ho una Piccola serra di limoni...". Il pittore racconta le grandi e piccole sconfitte pacatamente, con l'ironia dell'uomo che non si aspetta nulla dalla vita. Come un tempo le strade di Brera, oggi il suo piacere è la campagna, una partita a bocce, cimentarsi in cucina con la moglie nella preparazione delle sarde "a beccafico", che gli hanno valso un cavaIierato gastronomico, e soprattutto dipingere: una scommessa quotidiana della creatività contro l'umana solitudine, come scrive Gaetano Neri.
Nel 1981 per avere locali più agevoli da frequentare, vista l'età avanzante, ancora una volta trasferisce lo studio in via De Sanctis nei pressi di Porta Ticinese, vicino casa.
Nello stesso anno vince il Premio Pro Bono Civitatis, che i giornalisti messinesi consegnano ogni anno a un personaggio che con la propria opera o attività abbia contribuito a dare lustro alla città di Messina". Il Comune si impegna a organizzare una sua prima grande antologica e nel 1983 la sua città gli dedica, nei saloni del Palazzo Comunale, una mostra antologica, curata da Lucio Barbera, con oltre 140 dipinti e con contributi critici al catalogo di Raffaele De Grada, Mario De Micheli e Vittorio Fagone, che testimonia la lunga vicenda di un artista che, pur rimanendo un "isolato", aveva occupato per quasi cinquant'anni un posto di rilievo nel panorama dell'arte italiana e aveva esposto nelle più importanti gallerie italiane.
Nel 1986 merita di essere segnalato il suo intervento nel nuovo Evangeliario liturgico, il primo moderno, tutto siciliano, la cui prima copia nel 1987 viene presentata a papa Giovanni Paolo II dal cardinale Salvatore Pappalardo nel 23° anniversario del Concilio Vaticano II, presentazione a cui Migneco presenzia.
La preziosissima opera è illustrata da 18 artisti tra i maggiori di questi anni (Manzù, Sassu, Annigoni, Treccani, Guttuso, Primo Conti, Fazzini, Rivieri, Greco eccetera).
Nel 1988 è presente con tre opere alla grande Esposizione Nazionale d'Arte Contemporanea Tota Pulchra, allestita nel luglio, a cura di Giovanni Bonanno, nel settecentesco Albergo delle Povere di Palermo.
È poi da sottolineare in modo particolare, nello stesso anno, la creazione di una pala d'altare, che celebra i papi santi Agatone, Metodio Siculo e Leone II, nella prima cappella della cinquecentesca chiesa dell'arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani in via del Tritone a Roma, punto di incontro dei cattolici siciliani della capitale fin dal Cinquecento.
Nel 1991 partecipa all'altra grande Esposizione nazionale d'Arte Contemporanea Lux Mundi, un omaggio all'arcivescovo di Palermo, cardinale Salvatore Pappalardo, sempre allestita all'Albergo delle Povere. Nel 1992 è presente alla III Biennale d'Arte Contemporanea di Sant'Agata di Militello, a cura di Giovanni Bonanno, nel Museo dei Nebrodi di questa cittadina, in cui Sebastiano Grasso allestisce pure un Omaggio a Emilio Greco.
Negli ultimi anni la sua solitudine si accentua, ha solo sporadici incontri con critici e galleristi, la mondanità che pure non è stata mai prevalente nella sua vita si azzera, un paio di rovinose cadute in casa lo costringono sulla sedia a rotelle: appare più silenzioso e mite di prima, ma è sempre lucido, "sornione e ironico", come scrive l'amico giornalista Giuseppe Quatriglio.
Comincia a stare quasi sempre a letto, con gli occhi chiusi, a esprimersi a monosillabi e con la moglie Speri accanto, che continua ad accarezzargli la mano, si addormenta nel sonno della morte la notte del 28 febbraio 1997, ultimo dei grandi pittori del realismo italiano. Al fianco, nell'appartamento di via Momigliano 1, oltre a Speri Pattilega, la figlia Grazia, attrice di teatro, e il genero, Gianni Marchesini, anche lui attore e regista teatrale. Tutti e tre, con il nipote Luca e il nipote Enzo, in arte Togo, ne custodiscono amorevolmente e attentamente la memoria.
A Milano, l'ultima uscita in pubblico l'aveva fatta nel novembre del 1995 per una sua antologica alla Bonaparte Arte Contemporanea di Milano, che raccoglieva mezzo secolo di lavoro. Era arrivato, guardandosi attorno, quasi incredulo di avere intorno a sé tanti estimatori. In testa l'inseparabile basco, col quale si favoleggiava fosse nato. Sulle pareti, le sue donne con le granseole, le famiglie dei pescatori, i contadini, i giocatori di carte, le madri in attesa, i ce-sti di agrumi, i paesaggi aspri e brulli della sua terra. Tutto un mondo che s'era portato nei lontani anni Venti a Milano, come scriveva Sebastiano Grasso, sul "Corriere della Sera", il 1 marzo del 1997. Viene tumulato a Messina nella cappella di famiglia del cimitero cittadino. Un catalogo generale completo o quasi, vista la vastità della sua produzione, a cura di Luigi D'Eramo, edito dalla BonapArte editrice di Milano, documenta oggi la sua opera più che cinquantennale.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Esposizioni

1936
VII Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Lombardo (febbraio): Composizione.
1937
I Mostra Provinciale del Sindacato Fascista Lombardo: Composizione.
1938
IX Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Lombardo: Giovani annoiati.
1939
I Mostra di "Corrente", Palazzo della Permanente, Milano (18 marzo): Cavallerizza e Pagliaccio, Fiori secchi, Paesaggio, Pianista, Vagabondi che ripo-sano.
X Mostra interprovinciale del Sindacato Fascista Lombardo, Milano (aprile): Bagnanti.
Il Mostra di "Corrente", Galleria Grande, Milano (set-tembre): Bevitore, Grazietta e il gatto, La fossa dei lebbrosi, Massaie ubriache, Ragazzi sotto il fico.
Il Premio Bergamo, Palazzo della Ragione, Bergamo (settembre-novembre): Pastori dell'isola.
III Premio Bergamo, Palazzo della Ragione, Bergamo (settembre-ottobre): / prelati che battezzano.
1940
Galleria Genova, Genova, prima personale.
1941
Bottega di Corrente (gennaio), personale.
III Mostra Nazionale del Sindacato Fascista di Belle Arti, Palazzo dell'Arte, Milano (maggio-luglio): Lume a petrolio.
Bottega di Corrente (giugno-luglio), collettiva.
1942
Galleria della Spiga, Milano.
XI Mostra del Sindacato Fascista Lombardo.
Mostra di Ventuno Artisti Italiani, promossa dal Centro d'Azione per le Arti, Teatro Massimo, Paler-mo (23 luglio - 12 agosto): Bambina dal cappuccio, Gli sposi.
IV Premio Bergamo, Palazzo della Ragione, Berga-mo (settembre-ottobre): Cacciatori di lucertole.
1943
XII Mostra del Sindacato Fascista Lombardo.
1944
Mostra del Sindacato Fascista Lombardo.
1945
Galleria Santa Radegonda, Milano, personale.
1946
Il Mostra della Collezione Pasqualino, Galleria d'Arte A.I.R., Palermo (18 marzo): Gli sposi.
1947
Galleria del Cavallino, Venezia.
1948
Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte, Galleria d'Arte Moderna, Roma (marzo-maggio): Venditore di pesci.
XXIV Biennale Internazionale d'Arte, Venezia (mag-gio-settembre): Pescatore, Asinello nero, Cacciatore. Galleria Sandro Bini, Verona (maggio).
Galleria del Naviglio, Milano.
Konstmuseum, Góteborg.
1949
Galleria del Naviglio, Milano.
1950
Galleria La Colonna, Milano.
Institute of Contemporary Art, Boston.
XXV Biennale Internazionale d'Arte, Venezia (giugno-settembre): Occupazione del latifondo.
1951
Galerie La Boétie, Parigi.
Rassegna "Strade d'Italia - Premio Esso", Palazzo delle Esposizioni, Roma.
I Mostra nazionale di pittura "Città di Messina", pro-mossa dall'Aapit, Ente Provinciale del Turismo, Fiera Campionaria, Messina (30 settembre - 30 ottobre): Paesaggio a Cannistrà.
1951-1952
VI Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte, Roma (18 dicembre - 15 maggio): Pescatore, Famiglia di pescatore, Ragazzo e lucertola, Autoritratto.
1952
XXVI Biennale Internazionale d'Arte, Venezia: Span-
nocchiatrice, Contadino che dorme, Donne di Pana-
rea, Non si sono fermati, Rammendatrici di reti, Po-sta da casa, Ritratto del poeta Quasimodo, Mungito-ri, Autoritratto.
Galleria del Naviglio, Milano.
Galleria La Colonna, Milano.
1953
Galleria La Colonna, Milano. Mostra Italia-Francia, Torino.
1954
XXVII Biennale Internazionale d'Arte, Venezia: Me-lanzane, Zappatore che si disseta, Passaggio dalla strada ferrata, Ragazzo che sbuccia limoni, Racco-glitori di fichi.
1955
Galleria del Pincio, Roma.
Galleria La Maggiolina, Alessandria.
1955-1956
VII Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte, Ro-ma (22 novembre - 30 aprile): Soldato con la ragaz-za, Pescatore sulla spiaggia, Riomaggiore.
1956
The Leicester Galleries, Londra, personale.
Il Premio "Vita e paesaggio di Capo d'Orlando" (12 agosto): Ulivi a San Gregorio (o a Capo d'Or-lando).
1957
Galerie Le Pic Rosenberg, Parigi.
1958
XXIX Biennale Internazionale d'Arte, Venezia, sala personale (giugno-settembre): Sposi contadini, Processione, Pescatore, Signorina con arancia, Contadini e colomba, Ragazzo sull'albero, Famiglia di pescatori, Pretino in coro, Contadini nell'arance-to, Ritratto dell'Avv. Verdirame, Un bicchiere di vi-no, Natura morta con lume, L'uomo dal cappio, Donna presso la culla, Uomo che si leva dal letto, Le sementi.
1959
Studio Vaccarino, Messina.
1959-1960
VIII Esposizione Nazionale Quadriennale, Roma (28 dicembre - 30 aprile): Le due sorelle, Natura morta, Pescatore, Donne con la sveglia, Donna sulla sedia, Contadino, Piloni sullo Stretto di Messina, Ritratto di signora, Barche a Riomaggiore, Pesca con lampara, Galleria ferroviaria.
1960
Galleria Nuova Pesa, Roma. Galleria Brera, Milano.
Galleria II Canale, Venezia.
1961
Galleria Piemonte artistico, Torino. Galleria Senatore, Stoccarda.
1962
Galleria Michaud, Firenze (luglio). Galleria II Bragozzo, Cesenatico. Galleria Gissi, Torino (novembre). Galleria Brera, Milano.
1962-1963
I Mostra di pittura del piccolo forgiato, Galleria II Chiodo, Palermo (dicembre-gennaio).
1964
Palazzo Reale, Milano, collettiva.
Gallery 63, New York (febbraio), personale.
1965
Galleria Goethe, Bolzano.
1966
Galleria del Naviglio, Milano. Galleria Macchi, Pisa.
Galleria Carlevaro, Genova.
1967
Society Arts Club, Messina. Galleria Antenore, Padova. Galerie d'Eendt, Amsterdam. Galleria San Giorgio, Mestre.
1969
Galleria del Naviglio, Milano.
Galleria La Rosta 2, Bari.
Galleria San Benedetto, Brescia. Galleria Margutta, Pescara.
Galleria Levy, Amburgo.
Vecchia Farmacia, Forte dei Marmi.
1970
Galleria del Naviglio, Milano. Galleria La Robinia, Palermo.
1971
Galleria Gissi, Torino.
1972
Galleria Medea, Milano.
Galleria La Robinia, Palermo.
1973
Galleria La Persiana, Palermo.
1974
Galleria Pace, Milano.
1975
La poesia contadina russa, Galleria La Robinia, Pa-lermo.
1976
Galleria II Fondaco, Libreria dell'Ospe, Messina (mar-zo), personale.
Giuseppe Migneco "Il Gattopardo", Galleria La Robi-nia, Palermo (13-21 marzo).
I Rassegna del Sacro nell'Arte Contemporanea, Pa-lazzo arcivescovile, Palermo (10 aprile - 20 maggio): E le nostre madri piangono, Ascolta mia cara, Si spengono le ali rosse del tramonto.
1977
Galleria Toninelli, Roma.
1978
Galleria Levy, Amburgo.
1979
Galleria L'Indiano, Firenze.
1980
7° Fiac, Grand Palais, Parigi.
1981
Spazio Aleph, Milano.
1982
Galleria 32, Milano (aprile).
1983
Migneco, mostra antologica a cura di Lucio Barbera, Palazzo Comunale, Messina.
Galleria Borgo Arte, Borgomanero.
1984
Migneco, mostra antologica a cura di Lucio Barbera e Vittorio Fagone, Rotonda di via Besana, Milano (settembre-ottobre).
Galleria 32, Milano.
Gli artisti di Corrente, Vecchio Ospedale, Comune di Santa Maria della Pietà, Cremona (1-29 aprile), collettiva.
1985
Corrente: il movimento di Arte e Cultura di opposizio-ne 1930-1945, Palazzo Reale, Milano (25 gennaio - 25 aprile), collettiva.
1986
XI Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte, Palazzo dei Congressi, EUR, Roma (16 giugno - 16 agosto): Venditore di pesce, Pescatore con bambino.
III Biennale, Cagliari.
Galleria Polacci, Forte dei Marmi.
Palazzo Belvedere, Niscemi.
Galleria 3,14, Bari.
Galleria Mosaico, Messina.
1987
Galleria Basile, Palermo.
Galleria Cerere, Enna.
Artefiera, Bari.
Il Biennale Internazionale d'Arte, Milano. Infiorata, Genzano di Roma.
Galleria Poggiali e Forconi, Firenze. Galleria Ghelfi, Verona.
1988
Tota Pulchra - Esposizione Nazionale d'Arte Contemporanea, a cura di Giovanni Bonanno Palermo, Albergo delle Povere, Palermo: Donna con anfora, Pastori, I pesci neri.
1990
Migneco, mostra di tempere su carta, Bonaparte Arte Contemporanea, Milano.
1991
Lux Mundi - Esposizione Nazionale d'Arte Contem-poranea. Omaggio al cardinale Salvatore Pappalardo, a cura di Giovanni Bonanno, Albergo delle Povere, Palermo (4 ottobre - 10 novembre): Donne che pregano, Processione, Sposi contadini.
Galleria Le Muse, Bari.
Galleria Dante Alighieri, Torino.
Museo delle Arti, Palazzo Bandera, Busto Arsizio, collettiva.
Galleria Parametro, Roma.
1992
III Biennale d'Arte Contemporanea, a cura di Giovanni Bonanno, con Omaggio a Emilio Greco, a cura di Sebastiano Grasso, Museo dei Nebrodi, Sant'Agata di Militello (8 agosto - 20 settembre): Coppia di pescatori, Donna con pesci, Vecchio pescatore, I pesci neri.
Siciliani Contemporanei, Galleria Civica d'Arte Moderna, Palermo, collettiva.
Mostra collettiva, Galleria il Sagittario, Messina (ot-tobre).
1993
Galleria Di Summa, Roma. Galleria Gioacchini, Ancona. Galleria Guidi, Genova.
Galleria Rotaross, Novara.
1994
Trenta artisti, Galleria il Sagittario, Messina (giugno).
1995
Mostra antologica, a cura Ermanno Krumm, Bonaparte Arte Contemporanea, Milano (novembre). Palazzo Mantegna, Pescopagano.
Colapesce 25 artisti per un mito, Galleria il Sagittario, Messina (ottobre).
1996
Migneco, Galleria il Sagittario, Messina (ottobre), per-sonale.
1998
Galleria d'arte La Mimosa, Ascoli Piceno. Comune di Fiuggi, Fiuggi.
Biennale VittoriArte, Vittoria, collettiva.
1999
Bluart, Padova.
2000
Prima Visione, Gallarate.
Caruso Gallery, Milazzo.
Blu Art, San Benedetto del Tronto.
2001
Origini, Provincia Regionale di Ragusa, Palazzo Spadaio, Scicli, collettiva.
Nettare Di Vino, Palazzo Riccio di Morana, Trapani, collettiva.
Galleria De Nisi, Caserta.
Il canto del mare, Provincia regionale di Trapani, Palazzo del Banco di Sicilia, Mazara del Vallo, collettiva.
Galleria il Sagittario, Messina (gennaio), personale.
2003
Opere scelte, Galleria l'Immagine, Bari.
2004-2005
Milano anni Trenta. L'arte e la città, a cura di Elena Pontiggia e Nella Colombo, Spazio Oberdan, Milano (dicembre-febbraio).
Galleria d'Arte Marano, Cosenza.
2005
Giuseppe Migneco. Opere su carte, a cura di Marina Pizziolo, Istituto Italiano di Cultura, Lubiana (Slovenia) (aprile-maggio).
Migneco, Palazzo Barberini, Roma (27 giugno - 11 luglio).
cenacolo verde. Tassinari, Migneco, Morlotti, Sassu, Treccani in Brianza, a cura di Marina Pizziolo, Villa Filippini, Bellavite, Missaglia (ottobre-novembre).
2007
Rassegna di artisti contemporanei, Galleria il Sagittario, Messina (giugno), collettiva.
2008
Corrente. Le parole della vita. Opere 1930-1945, a cura di Marina Pizziolo, Palazzo Reale, Milano (giugno-settembre).
2008-2009
Omaggio a D'Anna e Mignecor "Due centenari da celebrare 1908-2008", Galleria d'Arte il Ssagittario, Messina (6 dicembre - 19 gennaio 2009).
2009
Migneco Europeo, mostra antologica a cura di Lucio Barbera e Anna Maria Ruta, con il contributo di Marina Pizziolo, ex chiesa del Carmine, Taormina (25 luglio - 1 novembre).