Narrativa1 - Pungitopo

Pungitopo
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NARRATIVA
Giusi Arimatea
UNA VITA A COTTIMO

Vincenzo Sottile, cottimista, nel chiaro intento di custodirne la memoria, prova a ricomporre un ordito di storia familiare, e a riappropriarsene.
Sullo sfondo, la grande storia che entra dal piccolo schermo, dalle edicole dei giornalai in quegli anni senza internet dentro ai quali il mondo ancora non correva. Sono episodi rappresentativi di un'epoca filtrati dagli occhi del protagonista: curiosi, permeabili, lucidi.
Quello compiuto dall'io narrante, attraverso rapide evocazioni di un passato che denuda, orienta, assolve, è un viaggio nei sentimenti, nei legami che hanno delineato il suo percorso esistenziale. Il sospeso emotivo che l'individuo si porta dentro, tra il dramma e la poesia, l'amore e i vuoti, la speranza e il dolore, le paure e le più insospettabili variazioni del vivere.

Giusi Arimatea è giornalista, scrittrice e drammaturga. Al servizio d'ogni esplorazione e lavoro in ambito artistico-culturale, si occupa prevalentemente di critica teatrale, cinematografica, letteraria, musicale e delle arti visive. Ha scritto testi per il teatro, soggetti, sceneggiature, dialoghi di cortometraggi e film, saggi storici e il romanzo Di donne, di ieri (Pungitopo, 2022), terzo classificato al Premio Letterario nazionale EtnaBook 2023. Vincitrice per due anni consecutivi, nel 2021 e nel 2022, del Premio Nazionale di Drammaturgia "Aldo Nicolaj", nel 2023 del Premio Nazionale "Giano Teatro" e del Premio Internazionale "Navarro".

formato 15 x 21 - pp. 168, € 15,00

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Sara Palermo
PUNTOEBASTA
diario di un'anoressica

Fra tanti punti interrogativi ed esclamativi si dispiegano le pagine di un diario adolescenziale e, in corsivo, le riflessioni di una personalità ormai matura. Una rivisitazione, istintivamente poetica, di un malessere esistenziale.
I quaderni testimoni di vita sono oggetti d'affezione che trasformano l'isolamento emotivo di una identità lacerata dal disturbo alimentare. La rilettura di quelle pagine, dopo anni, è un riattraversamento doloroso che genera nell'autrice consapevolezza e le consegna nuove parole. «Voltavo continuamente pagina, proprio come cercavo di voltare tutte le mie giornate», lo scorrere della gioventù, rivissuta poi con una voce nuova e fresca.
L'intimità di parole segrete diventa coraggiosa condivisione ed esprime con incisiva sensibilità e autenticità la mutata immagine di sé nella relazione con l'altro.

Sara Palermo (Milano, 1979), psicoterapeuta, si occupa da anni di salute mentale e immigrazione.

formato 12 x 17 - pp. 136, € 12,00
Orietta Milanesi Franchini
LA SMUGNA

Sapientemente, e con la partecipazione sentimentale che respira chi le Eolie le ha intensamente vissute, nelle pagine di questa storia tipicamente isolana si coniugano il dolce intenso della malvasia e il sapore amaro, ma profumato, del cappero di Pollara: nel suo ciclopico anfiteatro aperto al mare l'attenzione naturalistica dà i colori alle vicende umane della sua gente.

Orietta Milanesi Franchini, (Genova, 1941 — Torino, 2022), sin da giovane età appassionata lettrice, riceve una formazione artistica a Genova prima i i trasferirsi a Torino alla fine degli anni Sessanta. Qui si inserisce attivamente nel vivace milieu culturale della città partecipando anche all'ideazione e realizzazione del cortometraggio di sperimentazione Digestion (1° Premio, Mostra Internazionale del Cortometraggio di Montecatini Terme, 1968). Negli anni Settanta coltiva l'interesse per l'Antropologia; partecipa all'organizzazione e allestimento del pionieristico laboratorio didattico del Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino; contribuisce alla ricerca dell'Istituto di Antropologia dell'Università di Torino sulle tradizioni e tecniche della minoranza occitana dell'alta Val Varaita (Cuneo), i cui esiti saranno diffusi nella mostra Popolamento e spopolamento di una vallata alpina (1976). Dagli anni Ottanta si avvicina al pensiero di Rudolf Steiner, che approfondirà all'interno dei gruppi di lettura dell'Associazione antroposofica steineriana. Sarà co-fondatrice e direttrice dell'Asilo Steineriano di Torino. Gli anni Ottanta sono per lei anni di svolta, scopre l'arcipelago delle Eolie, s'innamora dell'isola di Salina e di Pollara dove dal 1980 risiederà per periodi sempre più lunghi. Prestando ascolto ai racconti degli anziani, immersa nella contemplazione del luogo, dopo aver tanto letto e meditato, inizierà a scrivere.
Il romanzo La Smugna è la prima opera data alle stampe per i tipi Pungitopo, scrive altri due romanzi Il Négligé della Perpetua (inedito) e Le Ricette di Barba Pinotto (incompiuto).

formato 12 x 17 - pp. 184, € 15,00  

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Claudia Terranova
STANZA 212

In una clinica di Houston, nell'agosto del 2008, il poeta palestinese Mahmoud Darwish trascorre i suoi ultimi giorni di vita, condividendo la stanza 212 con David, un bambino che ne diviene un alter ego. Da sfondo la condizione di esule del poeta, e il tema della questione palestinese. La sua tragedia si intreccia a quella di altri ospiti della clinica che; per motivi diversi, hanno conosciuto l'estraniazione, la solitudine e la sofferenza. Nel romanzo, i non-luoghi della clinica diventano teatro di un'umanità alle prese con i traumi della vita e del passato. Il tempo senza tempo dei protagonisti trascorre sotto gli occhi degli altri degenti che, tra condivisione e solidarietà, danno vita a una comunità, il cui orizzonte travalica i confini di ogni appartenenza geografica e culturale.
Il romanzo può considerarsi un omaggio ad uno dei più grandi poeti contemporanei, ma anche alla poesia come luogo d'incontro, arma, patria e mondo della libertà.

Claudia Terranova, docente di filosofia, sociologia e antropologia nei licei, ha conseguito il dottorato di ricerca in Metodologia della filosofia presso l'Università di Messina. Ha collaborato con la rivista on line "Jura Gentium Journal", recensendo N. Chomsky, U. Curi, C. Schmitt, G. Anders. Con Danilo Zolo ha pubblicato Il nuovo disordine mondiale. Un dialogo sulla guerra, il diritto e le relazioni internazionali (Diabasis, 2011). Altri saggi: Con Schmitt ed oltre Schmitt: verso una politica a-venire, nel volume collettaneo, L'evento dell'ospitalità tra etica, politica e geofilosofia. Per Caterina Resta (Mimesis, 2013) e Il tramonto del Nomos eurocentrico (Bonanno, 2013). Oggi è lu mia festa (Kalós, 2022) il suo esordio narrativo.

formato 15 x 21 - pp. 128, € 13,00  
Giuseppe Ruggeri
PROFUMO DI TIGLI
Cronache di una città sotterranea

Il ritrovamento di resti ossei umani nelle segrete di un'antica fortezza cittadina insospettisce un giornalista con il pallino dell'investigazione, che non si convince ad archiviare il fatto come un normale caso archeologico. Insieme a un antiquario e un architetto, cui in seguito si aggiungerà un sostituto procuratore, si calerà pertanto nelle viscere della città sotterranea alla ricerca della chiave dell'enigma.
Una vicenda ambientata in una città bellissima e misteriosa, inondata a primavera dal profumo dei lunghi filari di tigli che riempiono d'ombra i suoi viali. Un odore che potrebbe diventare simbolo di cambiamento e rivoluzione delle coscienze.


Giuseppe Ruggeri è nato a Messina, città dove vive e opera. Laureato in medicina e chirurgia, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato nel 1995 la sua opera prima, il volume di racconti L'unico Dio possibile. In seguito ha dato alle stampe i romanzi L'incendio (2007), Per dovere di cronaca (2008), Le colline di Antonello (2011), L'ovale perfetto (2014), La danza della polvere (2016), L'albero di magnolia (2018). È inoltre autore dei saggi Il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa con coautore Nino Arena (2003) Sicilitudine e letteratura (2010), Sicilieide (2014), Incontri in Sicilia (2016), I segreti di Casimiro Piccolo (2019), Mirabilie di Sicilia (2020), Volti e maschere di Sicilia (2021). Coltiva da sempre la passione per il genere noir, traendo spunto da casi giudiziari reali calati in un contesto ambientale tipicamente siciliano. Dal 2015 è vicepresidente nazionale dell'Associazione Medici Scrittori Italiani nonché direttore responsabile del periodico associativo "La Serpe", fondato e diretto nel 1952 da Corrado Tumiati.

Recensione di Cosimo Cucinotta - mondonuovo news, 18-05-2023

formato 12 x 17 - pp. 160, € 14,00  
Giusi Arimatea
DI DONNE, DI IERI

Tre esistenze lungo l'arco temporale d'un secolo che si dispiegano, accavallandosi, al richiamo della memoria. Sullo sfondo una Sicilia dissennata, animosa, magica, retriva, ospitale e scomoda, luminosa e lugubre, ineguagliabile impasto di terra e mare. Innanzi agli occhi una Milano composta, elegante, generosa, cautamente affabile, dai cieli grigi e dalle infinite sfumature.
Il lungo monologo, che trova nelI'armonizzazione di elementi propri di un registro letterario e dei toni autenticamente colloquiali una personale soluzione stilistica, schiude una galleria di anime e confeziona il quadro espressionistico di un mondo lontano da scrutare con gli occhi dell'anima.
La protagonista del romanzo, scovando i ricordi annidati nell'unico luogo in cui, uno a uno, avrebbe potuto disseppellirli, tesse la tela screziata della storia familiare dentro alla quale ritrovarsi. E lì magicamente rinviene gli elementi di quel magnifico intero che è l'universo al femminile cui deve la forza, l'indipendenza, l'adattabilità.
La morte è relegata al ruolo di mera comparsa. Sono piuttosto i copiosi riverberi delle esistenze, ombre e orme in quel mare inquieto di imponderabilità che è la vita, a ridisegnare un nuovo orizzonte.
Al tentativo di trattenere i ricordi dentro alle mura di casa, per schivare il dolore, subentra pertanto il coraggio di vivificare le anime una volta di più, di confonderle col vento, di respirarle ancora e anco- ra, poi di lasciarle andare.

Giusi Arimatea è giornalista. Al servizio d'ogni esplorazione e lavoro in ambito artistico-culturale, si occupa prevalentemente di critica teatrale, cinematografica, letteraria, curatela di mostre d'arte, drammaturgia e regia. Ha scritto saggi storici, testi per il teatro, soggetti, sceneggiature, dialoghi di cortometraggi e film. Vincitrice nel 2021 del Premio Nazionale di Drammaturgia "Aldo Nicolaj".

formato 15 x 21 - pp. 112, € 13,00

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Ezio D'Errico
QUALCUNO HA BUSSATO ALLA PORTA

Con Qualcuno ha bussato alla porta, primo romanzo giallo di Ezio D'Errico - scrittore grande e sfortunato - irrompe nella narrativa del ventennio fascista la figura di Emilio Richard, uomo concreto e disincantato, capo della Seconda Brigata Mobile della Súreté. In una sordida stanza in affitto viene ritrovato il cadavere di un pittore fallito, impiccato a una trave. Il commissario Richard non crede alla versione ufficiale e ricostruisce i sentimenti segreti che hanno portato a quella macabra messinscena. Intorno si delinea l'immagine della provincia francese, ambigua e straniante, tempestata dall'avidità e dalla malinconia, misera e grigia come il cielo basso di Parigi in inverno. Ispirandosi a Simenon, l'ambientazione estera dei suoi romanzi consente a D'Errico di non cadere vittima della censura di regime, inventando una figura di commissario che analizza i fatti non per logica e deduzione ma attraverso l'osservazione dell'ambiente, decodificando i cupi silenzi dell'ambizione familiare e i sottotesti delittuosi della mediocrità. Emilio Richard - figura che incute rispetto e timore, con i tratti privati del burbero premuroso e il sentimento scettico dell'ironia - appare sin da subito come l'espressione più autentica dell'estro affabulatorio e della capacità d'invenzione romanzesca di Ezio D'Errico, dandogli il carattere di un `classico contemporaneo' che oltrepassa i limiti del giallo assumendo la fisionomia inquieta e problematica dell'opera aperta. (Beniamino Biondi)

Il 19 aprile del 1972 moriva Ezio D'Errico, scrittore, pittore e drammaturgo, nato ad Agrigento nel 1892. Moriva nel più colpevole isolamento, circondato dai suoi quadri e con accanto solo la moglie. Autore di gialli pubblicati con Mondadori, di opere teatrali tradotte e rappresentate anche all'estero, tra i primi pittori astrattisti in Italia, d'Errico, una sorta di genio rinascimentale, è ancora un universo da esplorare. Le sue vicende biografiche sembrano avvolte da un alone di mistero. Grazie proprio a D'Errico fa irruzione nel giallo italiano l'inquietudine, che mette in crisi la scienza della deduzione e il culto della logica; a dominare invece è l'intuizione, l'empatia psicologica del detective con le vittime e i sospettati. D'Errico per i suoi polizieschi si ispira chiaramente al creatore di Maigret, tanto da guadagnarsi il soprannome di "Simenon italiano": infatti, il personaggio da lui creato, l'ispettore Richard, conduce tutte le sue indagini in una Parigi fredda sì, ma sanguigna e popolare. Intanto va pubblicando straordinarie raccolte di novelle, attraversate come sono da un elegantissimo surrealismo grottesco e da un'irrefrenabile ansia metafisica, e da questo ricchissimo humus narrativo nasce il d'Errico drammaturgo, quello che rinnega tutta la sua produzione teatrale precedente per tentare la via della sperimentazione, del vero teatro d'avanguardia. È questo il vero d'Errico di statura europea, l'autore dei dieci testi, pubblicati nel '68, raccolti sotto il titolo Teatro dell'assurdo. I teatri italiani gli chiudono le porte, ma il successo gli arride all'estero dove dal critico Martin Esslin viene accostato ai grandi del tempo: Beckett, Jonesco, Genet, Arrabal, Tardien, Vian e Buzzati. (Salvatore Ferlita)

formato 15 x 21 - pp. 224, € 22,00  
Leonardo Gatta
Z (come fosse)

E sperare finalmente che la noia non trattenga il languido battere sui tasti come su quelli del pianoforte, lasciando che la vista di Rue des Halles riempia l'attimo sospeso tra la M e N, le lacrime ritrovate, i pendii montani, la montagna sullo schermo, l'altitudine come attitudine, le finestre sull'inconscio, le esigenze dell'intelletto, i piaceri del corpo, le feste, gli idoli, le icone, le pubblicità, i motori a scoppio, i caffè, i supermercati, le valigie, le cravatte, i pantaloni rotti, le scarpe troppo strette, le suggestioni dell'io, gli incontri occasionali, i sacerdoti sociali, le esigenze nel mentirsi, il raccontarsi con fervida fantasia, i frammenti, i finali dei film, gli inizi di un libro che assorbe, le sensazioni dimenticate, le sensazioni che tornano, una canzone cara, un caro maestro, l'aderenza ai sogni, le contraddizioni tra pari, le vicinanze, le lontananze, la leggerezza con cui le forbici si trascinano sul foglio disegnando una Z perfetta, in una Parigi dell'anima finché il tempo non si pronunci, con la sua solita pacca sulla spalla di chi ti è amico ma non pretende di trattenerti, anzi talvolta vuole proprio lasciarti andare.

Leonardo Gatta nasce a Forlì nel 1991. Si è laureato in Lettere moderne, dunque in Italianistica, Culture Letterarie Europee e Scienze Linguistiche, presso l'ateneo di Bologna. I suoi principali interessi vertono su memoria, tempo, onirico e fantastico, generalmente nei rapporti tra testo e immagine. Ha scritto racconti per Oblique (8x8), Clean e Sulla Quarta Corda, recensioni per Excursus. Ha pubblicato precedentemente "Il personaggio in corsa: Pasolini e la poesia prima" (Pungitopo, 2014). Agisce a scuola come docente di materie umanistiche. Coltiva la musica attraverso Corner in Bloom.

formato 15 x 21 - pp. 120, € 11,00  




Maria Costa
POESIE E PROSE SICILIANE

Riflettendo sulla cifra complessiva di questa straordinaria cantrice della lingua siciliana, vien fatto di pensare al teatro epico di Bertolt Brecht, ossia di una messa in scena che persegue la produzione di conoscenza presso i suoi fruitori attraverso la narrazione critica di fatti e situazioni, con caratteristiche tali da suscitare una trasformazione della realtà. Per Maria Costa tale obiettivo veniva perseguito nel senso del tentativo di ricucire attraverso la poesia universi esistenziali altrimenti irrelati e disgiunti, promuovendo un sentimento del tempo, una volontà consapevole di memoria e l’impegnativo esercizio di tornare a ri-sillabare identità possibili.
Sotto tale prospettiva, il mondo poetico di Maria Costa, l’universo perduto di cui aveva ritagliato per sé il ruolo di custode, al di là dell’effetto di straniamento che suscitava negli ascoltatori il dipanarsi di moduli recitativi assai lontani dal “qui e ora” che caratterizza la nostra – ahimè povera – modernità, continua a ricordarci che quel mondo ancora ci interpella, che il grumo poetico che ne veicolava la fruizione è frutto di nodi irrisolti nella storia delle classi subalterne italiane lungo l’intero arco del XX secolo. Che, insomma, di fronte a tale poesia dovremmo tutti prendere coscienza che “de re nostra agitur”. [...]

Maria Costa, nata da una famiglia di pescatori, vissuta e morta a Messina (15 dicembre 1926 - 7 settembre 2016), Maria Costa ha sviluppato assai presto una duplice attitudine di poetessa popolare e di portatrice attiva di uno sterminato patrimonio di memorie orali. Residente nel piccolo borgo tradizionale di Case Basse in località “Paradiso” a Messina, questa straordinaria custode del patrimonio fiabistico, mitologico e letterario messinese è divenuta negli anni punto di riferimento per linguisti, antropologi, studiosi di tradizioni marinare, dialettologi, storici della letteratura popolare; parte del patrimonio dialettologico e lessicale posseduto da Maria Costa è stato ad esempio utilizzato nella redazione di singoli lemmi del Vocabolario Siciliano fondato da Giorgio Piccitto e diretto da Giovanni Tropea [...]
Nel corso della sua lunga attività poetica ha pubblicato volumi di poesie, oltre a racconti e storie di vita attinti al patrimonio orale di cui conservava prodigiosa memoria, nei quali rivive lo spirito della cultura tradizionale messinese pre-terremoto nelle sue più genuine declinazioni lessicali, antropologiche, espressive. Le principali sue raccolte sono: Farfalle serali (1978), Mosaico (1980), ’A prova ’ill’ovu (Patti, 1989), Cavaddu ’i coppi (Patti, 1993), Scinnenti e muntanti (Messina, 2003), Ventu cavalèri (Messina, 2005), Mari e maretta (Messina, 2010), Àbbiru maistru (Patti 2013). Vero e proprio archivio vivente della memoria storica peloritana, Maria Costa è stata molto conosciuta e apprezzata anche fuori della Sicilia per le frequenti apparizioni in festival di poesia, spettacoli teatrali e manifestazioni culturali di varia natura, in cui aveva modo di esibire le sue straordinarie doti di affabulatrice e di interprete. Negli anni ha ricevuto, tra gli altri, i premi Vann’Antò, Lisicon, Bizzeffi, Tindari, Colapesce, Poesia da contatto, Montalbano, Maria Messina, infine il prestigioso Ignazio Buttitta. Su di lei, o con lei quale significativa voce poetica dello Stretto, sono stati realizzati numerosissimi documentari da parte di registi giapponesi, tedeschi, francesi, etc., e in Sicilia da Fabio Schifilliti (Come le onde) e da Antonello Irrera (Feedback Colapesce - Flusso Luminoso); sono inoltre stati pubblicati, a cura di Mario Sarica per conto dell’Associazione Culturale Kiklos, due album contenenti poesie direttamente da lei recitate (U me regnu è u puitari, 2008, e I ràdichi dâ me terra, 2012). Intellettuali e studiosi come Giuseppe Cavarra, Sergio Bonanzinga, Sergio Di Giacomo, Nino e Lucio Falcone, Giuseppe Rando, Giuseppe Ruggeri si sono occupati di questa poetessa dedicandole articoli, studi, iniziative editoriali.
Le città di Messina e di Reggio Calabria, il mondo accademico, numerose associazioni sparse in Sicilia hanno finora tributato ampi riconoscimenti al valore poetico e civile della figura, della vita e dell’intera produzione poetica e fabulatoria di Maria Costa.
Nel 2006, [...] è stata iscritta nel Registro delle Eredità Immateriali, quale “Tesoro Umano Vivente”, proprio per il fatto di essere l’unica detentrice, e custode, di un repertorio lessicale riconducibile al dialetto peloritano ottocentesco, del quale si è ormai smarrita la memoria. [...]
(dall’Introduzione di Sergio Todesco)

formato 15 x 21 - pp. 496, € 30,00

Giuseppe Sicari
MALANOVA, MORBU E BOTTA DI SANGU
Racconti in rosso, giallo e nero dall'Isola delle Opunzie

Ancora l'Isola delle Opunzie, ancora Castel Rinaldo: Giuseppe Sicari ambienta nuovamente i suoi racconti in questi luoghi di fantasia, ora teatro delle inchieste della vicequestora Rosalia Maniscalco e della sua ineffabile squadra.
Ma chi è questa investigatrice? È una rampante donna dei nostri giorni, ma anche la discendente di un reale e storico personaggio che, a metà Ottocento, come Capo della Polizia in Sicilia fu il primo a combattere la mafia.
Nel libro assistiamo dunque alla ricostruzione di alcuni fantomatici delitti accaduti nel periodo del Ventennio, alle gesta di un writer che ha preso di mira un paese intero, al misterioso omicidio di una linguacciuta vecchietta, a quello di un ambiguo giornalista e ad altre storie fra cronaca e fantasia. L'autore affronta poi, con mano leggera e ironica, le attuali tematiche dell'impatto, sulla nostra società, delle scoperte nel campo dell'intelligenza artificiale e delle invenzioni della robotica.

Giuseppe Sicari è nato a Capo d'Orlando nel 1933 e risiede a Roma. Per decenni al TG1, ne è stato anche capo redattore "cultura e spettacoli". Per otto anni è stato titolare dell'insegnamento di Comunicazione radiotelevisiva presso l'Università della Tuscia.
Ha pubblicato saggi e opere di narrativa fra le quali: Cognomi e soprannomi fra Capo e Naso (2005), Gelsomina di Sicilia (2006), *Il Santo marrano (2010), Il tempio perduto (2011), *La kippà di Esculapio (2012), *Le isole vagabonde (2013), *La barca del sale (2017), *Malanova, morbu e botta di sangu (2020).

*Opere edite da Pungitopo.

formato 12 x 17 - pp. 192, € 16,00  

Antonella Ricciardo Calderaro
IL LIMBO DEL GELSO BIANCO
romanzo

Il limbo del gelso bianco, romanzo che si inserisce nel genere odeporico-memoriale, è il resoconto del ritorno `epico' di una donna che da Milano, città nella quale è stata catapultata da un fatto di sangue, torna alla sua terra, la Sicilia, scavalcando divieti e costrizioni e sfidando il pericolo che incombe su di lei dal giorno dell'evento. Ultima discendente di un'antica e prestigiosa famiglia, ripercorre i sentieri di una vita non vissuta, se non nella sua immaginazione, scandendo le tappe del viaggio con gesti ed azioni che hanno qualcosa di rituale e che le consentono di riconquistare «la concretezza delle cose, perché per troppo tempo è rimasta sospesa in un limbo asettico, che l'ha costretta in una dimensione surreale e anaffettiva». Fanno da cornice al percorso luoghi suggestivi che, pur riconoscibili nella morfologia variegata dei Nebrodi, sono percepiti in chiave mitica e innescano meccanismi di riscatto, che fanno sì che la donna, sgretolando progressivamente il muro di diffidenza che si è costruita dentro, riacquisti la propria integrità, e, soprattutto, la propria identità, permeata del fascino e delle contraddizioni della sua terra.

Antonella Ricciardo Calderaro, è nata a Sant'Angelo di Brolo, piccolo centro collinare dei Nebrodi, ed ha vissuto a Messina, dove si è laureata in Lettere classiche. Attualmente insegna presso il Liceo "Lucio Piccolo" di Capo d'Orlando, paese nel quale da molti anni ha scelto di vivere. Ha condotto la propria formazione letteraria sulla complessa musicalità della poesia di Lucio Piccolo e sulla scrittura palinsestica sostanziata di impegno civile di Vincenzo Consolo, senza abbandonare il solco tracciato dai grandi classici. Si intesta 'crociate personali' finalizzate alla valorizzazione del patrimonio paesaggistico, artistico e letterario siciliano ed al riscatto da fenomeni socialmente devianti.
La resilienza del fuco è la sua opera d'esordio (Premio letterario nazionale "La Capannina" 2015). Il limbo del gelso bianco ha ricevuto in Campidoglio il Premio "Piersanti Mattarella" 2017.
formato 12 x 17 - pp. 192, € 15,00  

Lucia Abbate
L'ORGOGLIO DEI CALAFATO
romanzo

Smeralda, figlia di ricchi mercanti, a soli dieci anni, con un atto notarile firmato dal padre contro la sua volontà, viene data in sposa a un ricco vedovo: un contratto matrimoniale da convalidare al compimento dei dodici anni. Il fidanzato muore prima delle nozze e la giovane, animata da una profonda fede religiosa, decide di diventare clarissa. Nonostante l’ostilità dei fratelli, entra nel monastero di Santa Maria di Basicò, dove prende il nome di Eustochia. Inizierà per lei una storia tormentata, alla quale si intrecciano le vicende di altre giovani donne messinesi, vittime di prevaricazioni e abusi, anche all’interno delle famiglie, nel contesto di una Messina, in quegli anni, florida di risorse e di commerci, vivace, intraprendente, aperta all’arte e alla cultura.

Lucia Abbate è nata e vive a Messina. Già professore associato di Linguistica presso l’Università degli Studi di Messina, ha scritto opere, sia di carattere strettamente scientifico, sia divulgativo, sulle dinamiche della comunicazione linguistica, su temi di plurilinguismo e variazione delle lingue antiche e moderne, sulla storia di nomi di luogo e cognomi.
Tra i suoi libri: Contributo allo studio del dialetto di Frazzanò (A. Siciliano Editore, 1995), Parole in medicina. La variabilità del linguaggio scientifico nella comunicazione telematica (P. Pintore Editore, 2002), Toponomastica siciliana di origine araba nel versante tirrenico e ionico dei Peloritani (Edizioni dell’Orso, 2008), Dagli antichi mestieri ai cognomi e nomi di luogo. Le attività artigianali e rurali della Sicilia attraverso l’onomastica (Edizioni dell’Orso, 2011).
Con Campanotto Editore, nel 2018, ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, Cani, amore e ipocondria.

formato 15 x 21 - pp. 240, € 19,00  

Nicola Bozzo
LE CINQUE LUNE DI MYSKIN
romanzo

In un angolo tra il bar e la stazione che sembra quasi Lisbona, si muovono i primi personaggi di questo romanzo: l'uomo che aveva permesso a qualcuno che il passato non diventasse un destino; il ragazzo magro che aveva capito così tanto la vita da non essere creduto; la ragazza che non poteva morire perché innamorata; l'uomo del manoscritto.
Nella metafora di un mare che si ritrae, attorno a loro altri personaggi si sfiorano, si incrociano, si perdono per incontrarsi ancora, si confondono in un'atmosfera rarefatta in cui le vite di ognuno — vissute, immaginate, sognate — si mescolano, fino quasi a fondersi o a scomparire dopo essere state viste o sognate. Dopo avere avuto o non avere avuto ragione. Dopo avere lasciato, forse, memoria di sé.
"C'è un tempo che non fa rumore perché non ha voce, ma esiste anche senza la sua lingua".

Mi chiamo Nicola Bozzo, ho 52 anni. La mia attività e la mia vita professionale non hanno nessuna relazione con questo libro, quindi è giusto ometterle. Per quanto riguarda un'altra mia particolare forma di esistenza, essa non ha altre parole se non quelle di questo libro.

formato 15 x 21 - pp. 136, € 13,00  

Maria Grazia Lala
PETRA
romanzo

Intorno a Petra, vedova di un disperso nella campagna di Russia, si muovono personaggi di un mondo contadino alle quotidiane prese con una società in lento cambiamento. Le vicende storiche di una Nazione segnata da due guerre mondiali e dall'ascesa del fascismo costituiscono lo sfondo temporale di storie private e di legami più spesso determinati dall'interesse e qualche volta dall'amore. Attraverso una narrazione di reminiscenza verista si intrecciano storie di viddani e gente comune per cui è talvolta possibile un raro riscatto sociale, malgrado non mutino le antiche forme di angherie e soprusi esercitati da sovrastanti e camperi, ruffiani e usurai.
Petra, in questo contesto, è l'emblema di un'umana trinità al femminile: orfana di una madre vedova con accanto l'anziana nonna non avrà mai il diritto alla verità sulla scomparsa del padre, marito e figlio che non ha raggiunto neppure gli anni di Cristo. In questo lembo di terra ferito dalla storia perfino la legge di Dio si adegua al potere umano, e alla forza di un timido amore giovanile spetta il difficile compito di assolvere colpe di padri da cui i figli cercano di redimersi, nella speranza di poter tornare al mare e alle antiche torri saracene, mute testimoni della pena di vivere.

Maria Grazia Lala scrive storie di disuguaglianza sociale e di discriminazioni, ambientate in un passato rurale siciliano di cui conserva memoria. Nel 2012 esordisce con il racconto Era un lunedì (Pungitopo), una cruda realtà di un'Italia falcidiata dalla guerra e mortificata dalla discriminazione razziale (menzione speciale della giuria al "Premio Mazara Narrativa Opera Prima 2015"). Con il breve romanzo Sempredisabato (Pungitopo, 2017) si aggiudica il primo premio letterario di "Cunti e Triunfi", indetto dall'Assemblea regionale siciliana, e il secondo posto al "Premio Internazionale Navarro".
Nel 2017 partecipa con uno scritto al "Festival delle Lettere", svolto al teatro Pavillon di Milano. L'idea del concorso è quella di valorizzare il recupero della memoria e la scrittura epistolare rispolverando storie vere del passato rimaste inedite. Voce femminile per la storica emittente "Radio In", collabora a programmi di approfondimento culturale e di attualità.
Con l'ultimo lavoro Petra, la signorina maritata a giugno del 2019 si è classificata prima nella sezione narrativa inedita romanzi del XI Premio Internazionale Navarro.

formato 12 x 17 - pp. 88, € 9,00
Giovanna La Maestra
LA CAMERA E' IN OMBRA

[...] Nello scrivere, una dopo l'altra, le pagine che seguono ho sentito la necessità del frammento. E' l'unico modo che ho trovato per somigliare alle persone a cui ho dedicato parte della mia vita e per segnare la mia distanza da chi impunemente, ogni giorno, usa le parole, le consuma, le piega alla non comunicazione.
Il bisogno di definire gli ambiti e di cercare la verità e la sicurezza nelle definizioni dunque non mi appartiene, anzi mi pare che proprio le griglie nelle quali imprigioniamo la realtà credendo di costruire saperi oggettivi ci impediscano di passare attraverso la conoscenza e soprattutto creino barriere alle relazioni. Forte invece, e in parte polemico, è stato il bisogno di usare registri diversi per dire in più modi le stesse cose: il diario di esperienze vissute accanto alla riflessione e la riflessione accanto alla fiaba. Un tentativo di creare un ponte, un passaggio, fra il pensare adulto e quello infantile. [...]

Giovanna La Maestra ha insegnato, prima in Toscana e poi in Calabria, con amore e passione, materie letterarie negli Istituti di Istruzione secondaria di secondo grado. Ha fatto parte della redazione della rivista "Cooperazione Educativa" e si è occupata di Educazione Corporea, Teatro a Scuola, Sviluppo e Sottosviluppo in Italia e Didattica della Storia, con particolare attenzione alla Questione Meridionale, alla Tradizione orale e alle Storie di vita nei Gruppi Nazionali di ricerca del Movimento di Cooperazione Educativa. Socia fondatrice de La Ragnatela onlus e de Il Cantiere dell'InCanto, ha condotto laboratori per disabili utilizzando le tecniche di vita della pedagogia Freinet, il canto libero e l'espressione grafico-pittorica. Ha organizzato seminari, incontri e performance volti alla valorizzazione delle diversità e, con artisti, musicisti ed educatori, Il bosco in Concerto, appuntamento annuale sui Peloritani e percorso di ascolto delle forme i colori e i suoni del bosco. Ha partecipato alla gestione del Laboratorio di Educazione Ambientale del Comune di Messina.
Ha fondato, insieme al musicista Angelo Tripodo, il Laboratorio Suono & Ritmo, nel quale musicisti abili e disabili insieme fanno esperienza di improvvisazione creativa. Se ne prende cura ancora oggi insieme alla psicopedagogista Francesca Billé e al pianista e compositore Luciano Troja, in collaborazione con i musicisti Paolo Fresu e Alessandra Giura Longo.
È autrice del Cantu di Notti, libro e spettacolo teatrale nati nell'ambito del Progetto Nazionale Scuole Verdi del M.C.E.

formato 15 x 21 - pp. 264, € 18,00
Angelo Fiore
IL LAVORATORE
romanzo

Apparso nel 1967, tre anni dopo Il supplente, il secondo romanzo di Angelo Fiore si colloca nel mondo del lavoro, a cui rimanda esplicitamente il titolo, ma in forme surrettizie che inficiano ogni nesso con la produttività sociale e stravolgono finanche il contesto impiegatizio in cui si svolge per buona parte la trama.
Ancora una volta, infatti, il testo si rivela un teatro metafisico, un meccanismo scenico in cui si agitano inanemente ottusi burattini proiettando inquietanti ombre.
Rispetto al romanzo d'esordio, Il lavoratore sembra dispiegare un analogo procedimento basato su un graduale slittamento dal verosimile all'assurdo, in un crescendo tra il demenziale e l'onirico, che qui appare però più impetuoso e più prontamente predisposto a sbarazzarsi d'ogni convenzione narrativa. [... ] Nella sua veloce parabola [...] il romanzo si disintegra e perviene infine a un affastellamento di spunti apparentemente disorganici che esercitano sul lettore una maliosa suggestione.
Protagonista [...] è Paolo Megna, «impiegato straordinario» ed ex studente universitario che, insieme a una malsicura «appercezione di Dio», avverte dentro sé «una codardia buffonesca». Un personaggio, quindi, tra il sensitivo e l' istrionico, sospeso tra una fallace trepidazione religiosa e un sempre più tenace scettiscismo, che appartiene alla schiatta esangue e vile degli inadempienti. [...]
(dalla Prefazione di Marcello Benfante)

Angelo Fiore nasce a Palermo nel 1908 e vi muore nel 1986. Assai scarse, per non dire inesistenti, le notizie sulla sua vita. È noto, comunque, che come i suoi personaggi Fiore visse nell'inferno burocratico d'un impiego pubblico prima e poi della scuola, dove insegnava inglese; e si sussurra altresì che, rintanato per anni in qualche pensione, egli subisse le alterne tentazioni della vocazione monastica e di quella, altrettanto coerentemente pedinata e quasi programmata lucidamente, dell'alienazione e del definitivo cedimento alle inquietanti "voci" del suo inconscio. Ma nel suo peregrinare da un albergo a un ospizio egli recava con sé, unico viatico, una valigia gremita solo di libri. E scriveva: è del '63 il suo tardivo esordio, sponsorizzato da Luzi e Bilenchi, coi racconti di Un caso di coscienza, ai quali seguiranno i grandi romanzi pubblicati grazie all'appassionata mediazione di Geno Pampa-ioni: Il supplente (1964), 11 lavoratore (1967), L'incarico (1970) Domanda di prestito (1976) e L'erede del Beato (1981). Riceverà anche i premi Selezione Marzotto (1967), Savarese (1970) e Castellamare del Golfo (1981), che tuttavia non modificheranno per nulla il suo riservato e diffidente costume, asceticamente indossato fino alla silenziosa scomparsa, alle quattro del mattino del 15 novembre 1986.

formato 15 x 21 - pp. 192, € 16,00
Beniamino Joppolo
LA DOPPIA STORIA

romanzo

«Libro insolito, diverso, come era diverso nella sua inquieta natura ideologica, nel suo abito quasi anacronistico di artista “maudit”, Beniamino Joppolo: ora autobiografia, di cui talvolta conserva i modi sommariamente allusivi e contratti, mentre altrove, nelle zone più aperte della memoria, si distende in ampie concertazioni di temi, di figure; ora puntigliosa, perfino ossessiva interpretazione di un’esistenza consumata in anni di piombo e resa più convulsa dalla singolarità di un temperamento fuori della regola. Dall’infanzia in una Sicilia calcarea e fiabesca alla compromissione politica, dalle esperienze del confino e del carcere fino alla morte del padre che come un emblema chiude il romanzo, Joppolo insegue una sua disperata visione delle cose, ma di continuo riassorbita, come cancellata, da una furia vitale, da un insopprimibile bisogno d’amore che di volta in volta assume i toni della protesta, del rancore, perfino della rabbia, o quelli, altrettanto perentorii, della tenerezza e della partecipazione. Eppure, sbaglierebbe chi in una simile trasposizione romanzesca non vedesse che una testimonianza di vita: le rotture tematiche, le impennate stilistiche e verbali, le smagliature del racconto rispondono alla più che consapevole scelta espressiva di uno scrittore che fin dagli inizi, a tutto suo rischio, ha sempre cercato di liberare da catene non soltanto letterarie le risorse di una fosforescente, dolorosa fantasia».

Beniamino Joppolo nasce a Patti nel 1906. Studia a Messina, poi a Firenze, dove si laurea in scienze politiche e sociali, e dove pubblica nel 1929 la sua prima raccolta di versi (Canti dei sensi e dell’idea). Dal ’29 al ’35 vive a Messina, a Verona (dove scrive il primo romanzo, Il nido dei pazzi), e a Milano dove incontra artisti, letterati ed intellettuali (Sassu, De Grada, Fontana, Migneco, Guttuso, Sciacca, Fulchignoni, Tomea, Valenti, Treccani, Birolli, Grassi). Per antifascismo è arrestato due volte, ed è poi confinato per quasi due anni. Nel ’37 pubblica un volume di racconti, C’è sempre un piffero ossesso, e dal ’39 al ’43 scrive e pubblica lavori teatrali e articoli in varie riviste dissidenti (soprattutto Corrente). Un atto unico, L’ultima stazione, è rappresentato da Paolo Grassi alla Triennale di Milano nel ’41. Fino alla liberazione vive nascosto tra il bergamasco e Milano. Dal ’45 al ’54 pubblica tre romanzi, Tutto a vuoto, La giostra di Michele Civa e Un cane ucciso. Con Audiberti teorizza il nuovo movimento filosofico dell’Abumanesimo (L’arte da Poussin all’Abumanesimo e L’Abumanesimo). Nel ’47 comincia a dipingere: espone alla Galleria del Naviglio di Milano e alla Biennale di Venezia. Con Lucio Fontana fonda il Movimento Spaziale. Dal ’54 continua a Parigi la sua attività di drammaturgo, scrittore e pittore. Un suo lavoro teatrale del ’45, I carabinieri, è rappresentato in diversi paesi (Austria, Francia, Germania, Olanda) e in Italia al Festival dei due Mondi di Spoleto (regia di Roberto Rossellini); tra il ’62 e il ’63 Jean Luc Godard ne realizza una versione cinematografica. Muore a Parigi il 2 ottobre 1963. Nel 1968 esce postumo (nella collana “Narratori italiani” di Mondadori) La doppia storia, prima parte di un lungo romanzo autobiografico.
Sono stati pubblicati dalla Pungitopo editrice La nuvola verde (racconti), Scandinavia (poema), Teatro (2 voll.), Tutto a vuoto (romanzo), Un cane ucciso (romanzo), La giostra di Michele Civa (romanzo).

formato 15 x 21 - pp. 648, € 23,00
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Beniamino Joppolo
TUTTO A VUOTO. LA GIOSTRA DI MICHELE CIVA. UN CANE UCCISO

romanzi

Il successo di Beniamino Joppolo nel dopoguerra milanese avviene soprattutto con questi tre romanzi. Joppolo dispone dell’interesse di una casa editrice importante, quella di Valentino Bompiani, con la quale pubblica nel 1945 La giostra di Michele Civa e nel 1949 Un cane ucciso. Questi due romanzi, con il lavoro teatrale I carabinieri (scritto nel 1945) costituiscono l’asse centrale della sua opera, che si teorizza, sempre in quegli anni, con l’elaborazione dell’Abumanesimo. A dar corpo al pensiero abumanista concorre un piccolo romanzo scritto e pubblicato, con sei disegni originali di Giuseppe Migneco, nell’immediato dopoguerra, Tutto a vuoto (Milano, 1945).
La connessione tra questi tre romanzi e i due saggi abumanisti è analizzata con molta chiarezza e semplicità da Domenica Perrone nelle pagine su Un cane ucciso, ed a completare questa cornice critica il saggio di Giorgio Barberi Squarotti sulla Giostra di Michele Civa, che qui si ripropongono nell’appendice a fine volume.

Beniamino Joppolo (biografia)

formato 15,5 x 21 - pp. 288, € 18,00
Gonzalo Alvarez Garcia
L'ARTE DELLA FINZIONE
romanzo

Fingere è dare a vedere il contrario di ciò che si ha in cuore. Non affermare il falso, ma nascondere il vero. Si finge per il piacere di trarre l’altro in inganno, ma anche per salvare la vita o le idee. Si può morire per un’idea. Nel Seicento gli Inquisitori erano i guardiani delle idee. Il libero pensatore che si discostava dal pensiero ufficiale, doveva scegliere tra il rinnegare o morire. O ricorrere alla finzione. […]
Il protagonista dell’Arte della Finzione, Domenico, pittore di Toledo, era cresciuto a Creta, nelle vicinanze di Cnosso, tra favole antiche e miti gloriosi. Prima di giungere a Toledo, aveva soggiornato a Venezia e a Roma, cibandosi di Arte, di libertà e di delizie.
La Toledo del Seicento era una città incantata e terribile. Vicino all’Alcazar c’era il palazzo del Grande Inquisitore, da dove venivano diramate per tutto l’Impero le severissime norme tridentine che regolavano persino il battito dei cuori.
Le guardie inquisitoriali passeggiavano giorno e notte per le strade del quartiere moresco di Zocodover, intimorendo le bancarelle dei venditori. Al loro apparire i mercanti ebrei si facevano il segno della croce e recitavano devotamente l’Ave Maria.
Domenico dovette giostrare con la temibile fede castigliana. Aveva il cuore pieno di amore, di forme spasmodiche, di colori sublimi e di idee pericolose. Per fugare i sospetti di eresia e difendere l’Arte si finse strabico. Per salvare l’amore riempì le chiese con i ritratti dell’amante Jerònima, vestita da Madonna, costringendo i toledani ad inginocchiarsi ai suoi piedi. […]    (dalla Prefazione dell’A.)

Gonzalo Alvarez Garcia, nato a Leon, Spagna, nel 1924, giovanissimo si trasferisce prima a Milano, poi a Roma, infine a Palermo, dove attualmente vive. Dal 1967 al 1982 ha organizzato e diretto il Museo Storico e il Centro di Documentazione dell’Alfa Romeo di Milano, pubblicando contestualmente diversi libri sull’automobilismo e la storia industriale. Conferenziere di fama internazionale, ha scritto saggi di critica letteraria e artistica. Professore presso la Facoltà di Scienze Politiche di Palermo, ha pubblicato numerose opere tra le quali: Isla del Recuendo (1957); Spagna 500 anni di dittatura, (1975); Quando ero un ragazzo (1978); Le zie di Leonardo (1985); Gattopardi e gentiluomini. Storia della Targa Florio(1987); Sicilia/Spagna, due culture a confronto (1997); Tra guerra e pace, (2005); Ho parlato male di Garibaldi (2011); Nidi di airone. Memorie di un prete franchista (2011); Dios a la vista (2013). Saggista e narratore di autentico spessore è a suo modo un pensatore autonomo e originale che ha saputo prendere posizioni decise e ferme nell’arco della sua lunga e feconda esistenza, posizioni ed esperienze che si concretizzano in una scrittura fluida e coinvolgente, di caldo humus mediterraneo. La consapevolezza drammatica del franchismo, la scelta prima dello stato religioso (fu prete a Palermo), poi la crisi e, quindi, il ritorno allo stato laicale, hanno impegnato non poco questo intellettuale che si continua ad interrogare e ad interrogare il mondo e gli uomini. Il suo punto di verifica resta il dubbio, che senza dogmatismi si dispiega nella ricerca, nel sogno, nel simbolo e nella volontà di conoscere, per dare senso e valore all’esistenza.

formato 12 x 17 - pp. 120, € 10,00
Angelo Fiore
L'INCARICO
romanzo

«[...] Anche qui il protagonista è un impiegato, costretto in un destino apparentemente mediocre, ma la sua vita è percorsa e attraversata da presentimenti, allarmi, allusioni, minacce, meschine passioni e oscure ma radicali utopie. Da questi stilizzati residui realistici, violentati da un impietoso grottesco monocromo, il Fiore ricava il suo clima narrativo e stilistico assolutamente tipico. I fatti che accadono nelle sue pagine hanno un duro rilievo, una risonanza secca e rapida, sgraziata, quasi un acre presagio intimidatorio e terroristico, eppure senti in essi una confusa urgenza religiosa, quasi un appello a una superiore razionalita spirituale di cui peraltro ci sfugge di continuo il segreto. Il suo è un mondo formicolante di segni smozzicati, di messaggi inascoltati e senza destinatario, di avvertimenti rabbiosi e indecifrabili. In questo libro, L'incarico, la materia narrativa e ancora più compatta e al tempo stesso ancora più ambigua. L'incarico affidato al protagonista è un'imprecisata destinazione, quasi una nuova dimensione spirituale che non sarà mai rivelata ma che circola già tra le cose come un'inquietante presenza, con la nitidezza sfuggente dei sogni che ci sembra di vivere con tutti noi stessi e che aprendo gli occhi sono già dileguati dalla memoria. Non si pensi tuttavia che il Fiore sia scrittore allusivo o di atmosfere. La sua profonda, incalzante inquietudine metafisica si incrna in figurazioni icastiche, in un'inesorabile catena di apparizioni romanzesche. Il mondo dell'ufficio, gli incontri con it sacerdote, e soprattutto il bellissimo ritornante capitolo della convivenza con la famiglia dell'amico carcerato sono raccontati con superiore evidenza; e la lettura di questi mirabili spezzoni di sequenze narrative è misteriosamente avvincente. Angelo Fiore è un forte e singolare scrittore di cui ci auguriamo che il pubblico percepisca la potente fantasia dolorosa».
(Geno Pampaloni)

Angelo Fiore (biografia)

formato 15 x 21 - pp. 192, € 16,00
 acquista eBook su Amazon.it a € 4,42
Carmelo Rucci
METÀMARA
romanzo

Marito, genitore e ostinatamente figlio, Andrea è impacciato, e incapace di staccarsi dal ventre materno. Tormentato da sogni esagitati e confuse fantasie, veglierà la madre morente trovando ristoro nei richiami del passato. Una ridda di ricordi spesso sconsolatamente amari, talvolta dolci, ma anche divertenti. Ha ancora paura dell'uomo nero; fida però in un mondo tutto suo, generoso di amicizie, di un albero amico e di farfalle; di una in particolare che, dopo essere stata bruco, in un solo giorno muore, eppure ricompare.

Carmelo Rucci (Barcellona Pozzo di Gotto, 1955), appassionato di mare, sport e musica, è autore di libri ambientati nella sua Sicilia. Racconta della sua terra esperienze che si riversano già nei suoi precedenti lavori: Joy non parlava italiano (2015) e Non ci prendono più (2017), editi entrambi da Pungitopo.

formato 12 x 17 - pp. 126, € 13,00  

Alexandre Dumas (padre)
VIAGGIO NELLE EOLIE
Traduzione di Angelita La Spada

Prima edizione italiana di un viaggio del famoso romanziere attraverso l'incontaminato paesaggio eoliano, dove scoprite un mondo umano assolutamente originale e primitivo.
Arricchito da preziose stampe dell’800, il volume conserva felicissime pagine sull'impareggiabile arcipelago eoliano.

formato 15,5 x 21 - pp. 80, € 9,00
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Fondata nel 1977 con interessi prevalentemente indirizzati a rilevare il mondo delle tradizioni e delle letterature popolari e delle microstorie locali, la Pungitopo editrice nell'ultimo triennio ha rivolto la sua attenzione alla cultura nazionale e straniera, individuando particolari settori d'intervento e metodologia di ricerca. Le principali collane si pongono come punto di riferimento nei settori della produzione narrativa, teatrale e saggistica, tanto isolana quanto italiana ed europea. Con importanti riproposte di autori e tematiche del passato, sono presenti nel suo catalogo nomi nuovi ma assai significativi della cultura contemporanea.

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