Forse invecchio, se ho fatto un lungo viaggio
sempre seduto, se nulla ho veduto
fuor che la pioggia, se uno stanco raggio
di vita silenziosa... (gli operai
pigliavano e lasciavano il mio treno,
portavano da un borgo a un dolce lago
il loro sonno coi loro utensili).
Quando giunsi nel letto anch’io gridai:
uomini siamo, più stanchi che vili.
***
Era la mia città, la città vuota
all’alba, piena di un mio desiderio.
Ma il mio canto d’amore, il mio più vero
era per gli altri una canzone ignota.
***
Ero solo e seduto. La mia storia
appoggiavo a una chiesa senza nome.
Qualche figura entrò senza rumore,
senz’ombra sotto il cielo del meriggio.
Nude campane che la vostra storia
non raccontate mai con precisione.
In me si fabbricò tutto il meriggio
intorno ad una storia senza nome.
***
Ecco il fanciullo acquatico e felice.
Ecco il fanciullo gravido di luce
più limpido del verso che lo dice.
Dolce stagione di silenzio e sole
e questa festa di parole in me.
***
Felice chi è diverso
Essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
Essendo egli comune.
***
Tu mi lasci. Tu dici « la natura... ».
Cosa sanno le donne della tua bellezza.
***
Qui è la cara città dove la notte
alta non ti spaura. Amici
solitari qui passano e ti danno
uno sguardo d’amore. O tu lo credi...
I
La tenerezza tenerezza è detta
se tenerezza cose nuove dètta.
IV
Come è bello seguirti
o giovine che ondeggi
calmo nella città notturna.
Se ti fermi in un angolo, lontano
io resterò, lontano
dalla tua pace, – o ardente
solitudine mia.
IX
Passando sopra un ponte
alto sull’imbrunire
guardando l’orizzonte
ti pare di svanire.
Ma la campagna resta
piena di cose vere
e tante azzurre sfere
non valgono una festa.
***
«Lasciami andare se già spunta l’alba.»
Ed io mi ritrovai solo fra i vuoti
capanni interminabili sul mare.
Fra gli anonimi e muti cubi anch’io
cercavo una dimora? Il mare, il chiaro
mare non mi voltò con la sua luce? Salva
era soltanto la malinconia?
L’alba mi riportò, stanca, una via.
***
Torna un pensier d’amore
nel cuore stanco, come
nel tramonto invernale
ritorna contro il sole
il fanciullo alla casa.
***
Nel chiuso lago, sola, senza vento
la mia nave trascorre, ad ora ad ora.
Fremono i fiori sotto i ponti. Sento
la mia tristezza accendersi ancora.
***
Amore, gioventù, liete parole,
cosa splende su voi e vi dissecca?
Resta un odore come merda secca
lungo le siepi cariche di sole.
***
Assonnati garzoni, i miei calzoni
sono pieni di amore e di polvere bianca.
La strada che mi stanca vi addormenta,
assonnati garzoni odorosi di menta.
***
Mi perdo nel quartiere popolare
tanto animato se la sera è prossima.
Sono fra gli uomini da me così
lontani: agli occhi miei meravigliosi
uomini: vivi e chiari, non valori
segnati. E tutti uguali e ignoti e nuovi.
In un angolo buio prendo il posto
che mi ha lasciato un operaio accorso
(appena in tempo) all’autobus fuggente.
Io non gli ho visto il viso ma i suoi modi
svelti ho nel cuore adesso. E mi rimane
(di lui anonimo, a me dalla vita
preso) in quell’angolo buio un suo onesto
odore di animale, come il mio.
(Poesie, Garzanti, 1973)
XI
Innamorarsi: sì! di chi? di cosa?
dell’orma che si slabbra nel grecale?
del tuo sguardo che ferma l’aquilone?
innamorarsi del disamorare?
XXV
Io mi guardo morire, a poco a poco
diventa vero questo antico gioco.
(Peccato di gola, Libri Scheiwiller, 1990) |