Fanciulle spaventate
E le fanciulle smisero, come
uccelli al volare del falco.
La baccante
Spesso sulle cime dei monti
quando agli dei piace la festa dalle mille fiaccole,
presa una ciotola d’oro, una gran conca,
simile a quella ch’usano i pastori,
versandovi con le mani latte di leonessa,
coagulasti una gran forma di cacio
compatto, tutto bianco.
Le quattro stagioni
Distinse le stagioni:
Estate, Inverno, Autunno;
e quarta Primavera,
che fiori ce n’è tanti,
ma poco da mangiar.
Un banchetto sontuoso
Sette divani ed altrettante tavole
coronate di pani di papavero:
e in mezzo al lino ai calici ed al sèsamo
c’è la manteca d’oro.
Or porterà migliaccio dolce, e candidi
chicchi di grano, e la ricolta cerea.
Un dono utile
Voglio donarti un bel giorno un paiuolo
È nuovo ancora alla fiamma, ma presto
s’empirà di polenta, quale piace
calda mangiarla nei giorni d’inverno
a quella bocca onnivora d’Alcmane,
che i piatti rari non gusta, ma cerca,
come il popolo, quelli più comuni.
Il poeta
Queste note e questi versi Alcmane compose
traducendo in melodia di voci
il cinguettio delle pernici.
I canti di tutti gli uccelli
Io so i canti
di tutti gli uccelli
La cetra e la spada
Sale di contro al ferro il bel citareggiare
Notturno
Dormono le vette dei monti,
le balze, i dirupi, le valli,
e quanti animali nutre la nera terra;
le belve montane e le stirpi delle api
e i mostri nei cupi abissi del mare;
dormono le famiglie
di uccelli dall’ampio volo.
***
Dormono le cime dei monti
e le vallate intorno,
i declivi e i burroni;
dormono i serpenti, folti nella specie
che la terra nera alleva,
le fiere di selva, le varie forme di api,
i mostri nel fondo cupo del mare;
dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali.
(trad. S. Quasimodo)
L’ultimo sogno
Fra le molte graziose leggende che gli antichi
immaginarono sulla vita degli alcioni, vi era anche questa, a noi
trasmessa da Antigono di Caristo nelle Storie meravigliose. Egli
racconta che, quando il cerilo, il maschio, giunto alla vecchiezza,
non ha piú le forze per sostenersi a volo, viene sorretto
e portato sulle ali dalle femmine, le alcioni. E a conferma della
notizia cita questi versi di Alcmane, quattro esametri che certamente
dovevano essere di un partenio. È uno dei frammenti piú
belli e piú celebri della lirica greca.
Non più, fanciulle dal canto soave e d’amabile voce,
non piú le membra mi reggono: oh se, oh se cèrilo
io fossi
che sul fiore dell’onde con le alcioni trasvola,
placido in cuore, divino uccello colore del mare.
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