Caffè Letterario
Pungitopo

Filodemo

 


 

 

Le primavere compiute da Càrito sono sessanta;
ma la cascata delle trecce è nera.
Piccoli coni di marmo, si drizzano ancora sul petto
le poppe, sciolte d’ogni fascia, nude.
Senza una ruga, la pelle distilla d’ambrosia, di mille
vezzi e lusinghe fascinose, ancora.
Se non v’allarmano brame furenti, amatori, venite,
scordatevi la decade degli anni.


***

- Salve!
- «Altrettanto».
- Ma come ti chiami?
- «E tu come?»
- Che fretta!
Lascia andare...
- «Anche tu».
- Cos’è? ci hai l’omo?
- «Sempre, chi m’ama».
- Ti va di cenare con me, questa sera?
- « Se ti va...»
- Bene. E, per venire... quanto?
- « Niente in anticipo ».
- Strano!
- «Ma quanto ti pare, darai
dopo fatto l’amore».
- Che onestà!
Ma dove stai? Ti mando qualcuno...
- «Infórmati! »
- E l’ora?
- «Quando vuoi».
- Voglio subito.
- «Fa’ strada! »


***

Anima, l’arpa, la voce, quell’occhio loquace, quel canto
di Santippe, la fiamma che s’accende
ti bruceranno. Non so né l’abbrivo né il come né il quando:
lo capirai struggendoti nel fuoco.


***

Viole ancora e accordi di cetra, ancora quei vini
di Chio, quella siriaca mirra ancora,
fare ancora baldoria, tenersi una spugna d’etèra...
no! ‘ste cose da pazzi le detesto.
Serti, per me, di narciso! Sapore di flauti trasversi,
un’essenza di croco sulle membra
datemi, e vino di Lesbo mi bagni le viscere, e a letto
una ragazza casalinga voglio!

   
Pungitopo pungitopo@pungitopo.com